La guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti diventa quasi una guerra delle valute: per la prima volta dal 1994, l'amministrazione Usa ha bollato Pechino come manipolatore di valute, dopo che la superpotenza asiatica ha lasciato scivolare la propria moneta ai minimi dal 2008, in risposta ai dazi voluti da Trump su 300 miliardi di prodotti Made in China, che entreranno in vigore dal primo settembre.
La decisione del Tesoro americano è arrivata al termine di una seduta disastrosa per Wall Street, con i listini che hanno bruciato il 3%, mandando in fumo 700 miliardi di dollari di capitalizzazione.
Secondo il dipartimento del Tesoro americano, guidato da Steven Mnuchin, "la Cina ha una lunga tradizione" negli interventi "protratti e su larga scala sul mercato dei cambi. Negli ultimi giorni ha preso misure concrete per svalutare la propria moneta". In seguito alla designazione Mnuchin si impegna a lavorare con il Fmi per cercare di eliminare i vantaggi ingiusti che Pechino ha guadagnato con le sue mosse sui cambi. La presa di posizione del Tesoro americano consente a Trump di onorare la sua promessa elettorale di bollare la Cina come manipolatore di valute.
Ora resta da vedere come reagirà Pechino alla mossa del presidente americano. Gli analisti scommettono su tagli dei tassi per un totale di mezzo punto entro la fine di ottobre, ovvero con due mesi di anticipo rispetto a quanto inizialmente previsto.
Intanto in seguito a queste tensioni le Borse europee proseguono in forte calo, mentre quelle asiatiche registrano un profondo rosso nella prima seduta della settimana.
Davide Fifaco