"Le sfide e le opportunità che il mondo deve affrontare in questo secolo richiedono che l'India e gli Stati Uniti lavorino e guidino insieme per il bene globale e per la pace, la stabilità e la prosperità globali". E' questa la cornice dentro la quale si inserisce il quadro della visita del premier indiano Modi a Washington, dove ha incontrato Biden che ha rilanciato sull'importanza della forte partnership strategica come chiara prova del potere della democrazia. In molti hanno definito l'incontro l'apertura di un nuovo capitolo nelle relazioni bilaterali.
La visita rientra infatti nella tela diplomatica che il presidente americano sta tessendo per rafforzare le alleanze contro la Cina, diventata il nemico numero uno dell'India, e la Russia, da cui New Delhi dipende fortemente per l'importazione di energia a basso costo e le forniture di armi, tanto da non aver condannato l'invasione di Mosca in Ucraina e non aver applicato le sanzioni. Il presidente Usa ha investito molto per rilanciare il rapporto tra le due più popolose democrazie del mondo, con l'India che conta 1,4 miliardi di abitanti ed oltre 4 milioni di indiani americani negli Usa, ormai inseriti a tutti i livelli, anche alla Casa Bianca con la vicepresidente Kamala Harris. Un Paese che tra l'altro in settembre ospiterà il G20, e che, come ha detto apertamente Modi nella conferenza stampa finale, tra le sue priorità ha la pace sia nell'Indo-Pacifico che in Ucraina.
Inevitabile che, fra tante rose, emergano anche delle spinE, come quella dei diritti. Biden ha insistito sul fatto che la libertà di stampa e il pluralismo religioso sono tra i «principi democratici fondamentali» sia per gli Stati Uniti che per l'India, osservazione da ricondurre al trattamento riservato dal governo di Modi ai musulmani e alle altre minoranze religiose, oltre che all'opposizione e ai media indipendenti.
Modi ha risposto che la democrazia è nel dna indiano e che in India non c'è assolutamente spazio per le discriminazioni, ma ha accuratamente evitato le domande dei cronisti per lasciare spazio a quella che alcuni commentatori hanno definito una delle partnership più decisive del XXI secolo.
Valerio Fabbri
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