Da sinistra: Sara Kosirnik, di Greenpeace Slovenija; Aljoša Petek, del Centro legale e di informazione delle organizzazioni non governative (PIC); e Gaja Brecelj, di Umanotera. Foto: Valerio Fabbri/Radio Capodistria
Da sinistra: Sara Kosirnik, di Greenpeace Slovenija; Aljoša Petek, del Centro legale e di informazione delle organizzazioni non governative (PIC); e Gaja Brecelj, di Umanotera. Foto: Valerio Fabbri/Radio Capodistria

Il problema non è la contrarietà al nucleare in sé, ma al progetto Jek 2 così come è stato concepito, sul quale si sa poco o nulla, se non un budget provvisorio di 20 miliardi di euro. Ma un progetto del genere condizionerebbe il futuro del paese tanto da un punto di vista energetico quanto finanziario. Inoltre, la politica ha cercato di far passare il referendum senza consultare la cittadinanza o meglio senza mettere a disposizione dell'opinione pubblica tutti i dati disponibili. E' questa la posizione degli attivisti di Greenpeace, Umanotera, e del Centro legale e di informazione delle organizzazioni non governative, che questa mattina a Lubiana, di fronte al parlamento, hanno esposto le loro preoccupazioni su Jek 2, transizione energetica e più in generale sul caos politico intorno a un progetto definito strategico per il paese. Il punto di partenza è il referendum sul nucleare annunciato e poi annullato in tutta fretta, il punto di arrivo è la richiesta di un dibattito democratico e inclusivo sul futuro energetico della Slovenia. Dibattito che però, secondo loro, può avvenire alla sola condizione di rimuovere la figura del segretario di Stato per l'energia nucleare presso la presidenza del Consiglio, Danijel Levičar, accusato di non voler prendere in considerazione scenari alternativi a Jek 2. Comportamenti che ostacolano il lavoro del ministro responsabile per questi temi, Bojan Kumer, ma anche la possibilità di un confronto pubblico su uno dei 10 scenari messi nero su bianco dal direttore responsabile di Eles, Aleksander Mervar, che nella sua analisi resa pubblica prima dell'avvio del referendum ha preso in considerazione varie ipotesi, dal prolungamento dell'attività dell'attuale reattore a fonti alternative, tutte soluzioni più economiche di Jek 2. Ma il fiasco referendario e gli appelli delle Ong sembrano cadere nel vuoto, perché il progetto Jek 2 è già in una fase avanzata, come certifica la produzione di un piano territoriale statale, che secondo la legge vigente in Slovenia è la procedura finale per la costruzione di un reattore.

Valerio Fabbri