Foto: EPA
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Esattamente quarant'anni fa, un commando delle Brigate Rosse rapì il presidente della Democrazia Cristiana, Aldo Moro, ed uccise i cinque componenti della scorta. Moro fu poi assassinato ed il suo corpo fu ritrovato il 9 maggio in via Caetani, a Roma; scelta emblematica per la vicinanza sia alla sede nazionale della Democrazia Cristiana sia a quella del Partito Comunista Italiano.

"Una mattina di 40 anni fa il più grave attacco alla Repubblica. L'Italia rende omaggio ad un grande leader politico, ai Carabinieri Leonardi e Ricci ed agli agenti di Polizia Iozzino, Rivera e Zizzi". Con questo tweet il presidente del Consiglio italiano, Paolo Gentiloni, ha voluto ricordare Aldo Moro e gli uomini della scorta, uccisi da un commando delle Brigate Rosse. Inoltre oggi a Roma, in via Fiani, luogo dove avvenne il rapimento, un omaggio alle vittime dell'attentato da parte del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e della presidente della Camera, Laura Boldrini.

Moro fu rapito alle 9 e 2 minuti del 16 marzo 1978 ed il tragico evento rappresentò un giro di boa per la storia italiana: nulla, soprattutto in politica, fu come prima ed alcuni misteri permangono ancora oggi. Molte le teorie che cercarono di spiegare le motivazioni dell'attentato, tutt’ora si analizzano documenti per capire quanto successo. Di sicuro non solo le Brigate Rosse erano nemiche del presidente della Dc. Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Germania erano preoccupate del rischio di un partito Comunista Italiano al governo e della sua apertura verso il mondo arabo. I brigatisti non hanno mai negato di aver voluto colpire l'artefice principale della solidarietà nazionale e dell'avvicinamento tra DC e PCI. Colpire la Democrazia Cristiana significava anche interrompere la marcia comunista verso le istituzioni e innescare il tentativo dello scontro rivoluzionario contro il capitalismo.

Con la morte di Moro si chiuse quindi definitivamente la stagione del compromesso storico ed il progetto di alleanza tra DC e PCI. Al successivo congresso della Democrazia Cristiana prevalse una linea anti-comunista con Flaminio Piccoli nuovo segretario, preferito a Benigno Zaccagnini, uno dei fedeli di Moro. Avvenne quindi quello che lo stesso Moro preannunciò nelle lettere scritte durante la prigionia: con lui fuori gioco si interruppero i rapporti con Enrico Berlinguer. La Dc rimase poi partito di governo fino al 1994, fine della Prima Repubblica, quando si sciolse dopo lo scandalo di Tangentopoli.