Le ragioni della politica hanno ormai ampiamente preso il sopravvento su quelle dell’emergenza in Italia. Nonostante impegni fondamentali e urgenti per il futuro del paese, da una parte il piano per l’utilizzo del Recovery Fund, dall’altra il controllo dell’epidemia, l’ombra della crisi si era allungata sempre di più sull’esecutivo guidato da Giuseppe Conte.
Il Premier per ora sembra aver tamponato la situazione, dando il via a una serie d’incontri con le forze della maggioranza per trovare un accordo sul Recovery plan, e soprattutto evitare minacce di crisi giunte da Italia Viva, che aveva innescato una spirale di tensioni con i 5 Stelle: Italia Viva contesta anche le misure anti Covid e chiede il ricorso al Mes Sanitario, di cui i grillini non vogliono nemmeno sentir parlare.
Non c’è per ora accordo sui contenuti del piano, peraltro molto meno dettagliato di quelli già presenti dagli altri paesi beneficiari, e nemmeno sull’ormai famigerata “task force”, l’organismo formato da esperti che dovrebbe sovrintendere all’attuazione del piano, e a cui Matteo Renzi si era dichiarato contrario. In questi giorni proprio Italia Viva aveva parlato di fiducia esaurita verso Conte, riportando in primo piano le ipotesi di crisi, rimpasto, governi di unità nazionale.
Al momento però alternative all’attuale governo non sembrano esserci, e l’avvio del confronto sembra per ora aver disinnescato la crisi. Anche il vicepresidente della Camera, Ettore Rosato di Italia Viva, ha parlato di “un passo in avanti”, anche se il tempo per trovare un accordo non è molto. Per creare un gruppo di lavoro di maggioranza ad hoc, come chiesto dai Grillini e definire in nuovo dossier Recovery Plan, non si può superare l’anno, ha detto chiaramente Conte: “A ndare oltre – ha scandito - sarebbe imperdonabile”.
Proprio il tempo, con una maggioranza ancora sotto pressione e litigiosa potrebbe forse essere l’ostacolo maggiore per Giuseppe Conte: Matteo Renzi non sembra voler cedere sulle misure anti-Covid e sul Mes sanitario, mentre il Pd chiede “una discussione in Parlamento e l'apertura di un dibattito nel Paese, con le parti sociali, le imprese, l'associazionismo, i giovani, le donne, le associazioni ambientaliste”. Una prospettiva che non sembra potersi conciliare con la “soluzione ampia e condivisa” auspicata da Conte.

Alessandro Martegani

Giuseppe Conte
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