Tutto era iniziato alcuni giorni fa quando davanti alla sua casa di Malio, il deputato Gregor Perič, si è trovato di fronte un cartello con su scritto “Eroe o traditore?”. Perič che milita nel Partito del Centro Moderno (SMC), in queste settimane è al centro di notevoli pressioni. Dopo che il Desus ha lasciato il governo, i voti del suo partito potrebbero essere l’ago della bilancia per decidere se mantenere in sella il governo Janša o se aprire le porte ad una nuova coalizione di centronisnitra. Il presidente del suo partito Zdravko Počivalšek non ne vuole sapere, mentre dagli ambienti che stanno lavorando per Karl Erjavec, dicono che i deputati dell'SMC starebbero tentennando. Per far fuori Janša, bisogna avere 46 voti, la mozione di sfiducia verrà consegnata in parlamento la prossima settimana e la caccia ai deputati mancanti è in pieno corso e senza esclusione di colpi.
Sta di fatto che Erjavec, tornato da poco in sella al Partito dei pensionati, ha difficoltà a mettere d’accondo anche i deputati del suo partito, che non sembrano entusiasti di abbandonare il governo Janša. Uno è già stato espulso, mentre le cronache raccontano che starebbe dubbioso o almeno poco entusiasta anche l’isolano Branko Simonovič.
Lui e Perič intanto senza mezzi termini hanno parlato di pressioni crescenti ed hanno denunciato la faccenda dei manifesti alla polizia. I due hanno anche aggiunto che prendersela con il deputato della comunità nazionale italiana è inqualificabili, vista la sua posizione particolare ed apartitica in parlamento.
Žiža per il momento non commenta. Insieme al deputato della minoranza ungherese, sin dall'inizio di questo mandato, hanno chiaramente detto che sono disposti a collaborare con qualsiasi governo, ma che non intendono essere l'ago della bilancia, invitando tutti a rivolgersi da altre parti per cercare il 45.esimo ed il 46.esimo voto.
Il segnale giunto alla vigilia di Natale è comunque inquietante ed è ipotizzabile che le pressioni, anche sui parlaemtari delle comunità nazionali, non faranno che acutizzarsi in un'arena poltica come quella slovena dove oramai il fine sembra giustificare qualsiasi mezzo.
Stefano Lusa