“Ci ha lasciati l’anima buona degli italiani in Slavonia”. Questo il commento lasciato da alcuni connazionali alla notizia della scomparsa di Antun Bruneta. Nella sua Plostine e dintorni era definito il capo, e non per l’attitudine al comando, che naturalmente non gli era estranea, quanto per la propensione ad aiutare il prossimo. Era stato lui a promuovere, assieme ad altri compaesani, la costituzione nel 1974 della società giovanile e sportiva Libertà che una decina di anni dopo era diventata un circolo culturale associato all’allora Unione degli italiani dell’Istria e di Fiume. In tanti ricorderanno sicuramente l’appoggio logistico e l’ospitalità offerte da Bruneta e dal suo nascente sodalizio alle squadre sportive giovanili della CNI che partecipavano nella vicina Pakrac, ai giochi delle minoranze della Jugoslavia. Nasceva probabilmente lì quella sua idea fissa, perseverata fino alla fine, di trasformare la sede comunitaria in una struttura di accoglienza per sportivi, attivisti, turisti e ospiti delle altre comunità italiane di Croazia e Slovenia come pure per i circoli culturali del bellunese. Quel Bellunese dal quale Bruneta - come altre centinaia di abitanti dell’area - vantava origine e dal quale sicuramente traeva umiltà, ma anche tenacia, insistenza e perseveranza. Bruneta nonostante la distanza dall’Istria e Quarnero non è mai mancato alle sedute dell’Assemblea dell’Unione Italiana di cui era consiglieri da diversi mandati. “Percorro 400 chilometri all’andata e altrettanti al ritorno, ma voglio essere sempre presente perché questo è un mio obbligo e dovere”, diceva nei suoi rari interventi che per genuinità ed espressività raccoglievano le simpatie dei presenti e terminavano con grandi applausi. Numerosi sono gli attivisti dei sodalizi istriani e quarnerini che in trasferta artistico-culturale a Plostine ricordano la “žnjapa” (un tipo di grappa locale) ed il salame di cavallo offerto da Bruneta. “Senza di lui non ci sarebbe stata traccia d’italianità in Slavonia”, dicono in tanti convinti che - nel bene o nel male - proprio grazie a “quell’anima buona” si sono costituite nell’area, dal 1990 in poi, altre Comunità degli Italiani che mantengono viva la presenza della cultura e della lingua in un territorio lontano da quello dell’insediamento storico della minoranza italiana.

Di Lionella Pausin Acquavita

Foto: La voce del popolo/Goran Žiković
Foto: La voce del popolo/Goran Žiković