
"In queste regioni tu hai un esempio di arcipelago. Vi sono identità forti che si sono incontrate, meticciate e scontrate. Il problema è il mantenimento di queste identità, senza che ciò diventi motivo di guerra, anche se il conflitto è produttivo”, ha detto in apertura Massimo Cacciari. “Il dilemma non è il conflitto, ma il governo del conflitto” e perciò, secondo lui “i governi deboli tendono ad omologare tutti”.
Bisogna saper navigare in un arcipelago fatto di differenze e il politico deve essere il nocchiero che guida lo stato, come si fa con un organismo vivente. Lo stato deve costruire ponti, anche se all’orizzonte “sta sempre la guerra”, che deve essere, però, l’ultima ragione.
Ma è possibile costruire questo arcipelago europeo? Secondo Cacciari, questa prospettiva di un’Europa che intende mantenere le differenze nel dialogo era stata impostata dai padri dell’Unione europea dopo la Seconda Guerra Mondiale; ma con la fine della supremazia dell’Occidente questa idea viene messa in discussione. Le istituzioni europee devono, quindi, essere riformate per rispondere alle nuove sfide politiche ed economiche. Ci vogliono organi realmente comuni e alcuni ambiti che siano realmente gestiti in modo unitario, come la difesa ed il welfare, per creare le basi affinché l’Europa diventi realmente promotrice di politiche di pace e l’Europa possa tornare protagonista.
Per far ciò, però, la diagnosi deve essere chiara e spietata, ha concluso il filosofo.
Barbara Costamagna