Nella missiva Franco Juri con linguaggio colorito definisce la situazione che si è creata il solito “teatrino grottesco dell'Italietta nostrana”. Juri accusa ironicamente il presidente della CAN costiera Alberto Scheriani di utilizzare metodi che ricordano, scrive, “il fu centralismo democratico, (…) evolutosi con l'autogestione in sistema delegatario”; nel quale i delegati avrebbero dovuto esprimere esclusivamente il volere della "base", anche se, in realtà, dice Juri, “spesso e volentieri era rappresentata dai più vociferanti quadri di partito”.
Secondo lui Scheriani starebbe, così, chiamando a raccolta il gran consiglio della CAN “per scomunicare e mettere alla gogna”(queste le sue parole), la connazionale capodistriana Ondina Gregorich Diabaté che, sostenendo da consigliera posizioni divergenti in Consiglio comunale, non rispetterebbe quello che lui definisce un’idea di "'centralismo democratico' da Comitato centrale o Sacra Rota (per non dire Inquisizione)”.
La Gregorich Diabaté rappresenta per Juri “il gruppo nazionale italiano, ma non come un monolite di proprietà esclusiva di Alberto Scheriani e è tenuta in primo luogo a rispondere agli elettori della CNI che hanno votato per lei, e il suo operato, quindi, non è in nessun modo in contrasto con il ruolo che le elementari norme della democrazia le hanno affidato tramite libere elezioni”, come contestato, invece, dalla CAN capodistriana. Juri dice, quindi, di augurarsi che “Scheriani non incontri il sostegno della maggioranza della CAN costiera” in quella che bolla come una “assurda crociata minitotalitaria”.
Immediata la risposta di Scheriani che rivolgendosi a Juri in modo informale lo ha ringraziato per i consigli, dei quali, però, ritiene di non avere bisogno. “Non condivido la tua lettera, ma rispetto le tue opinioni”, scrive; ribadendo, che secondo lui “chi viene eletto, rappresenta tutti gli elettori e non soltanto quelli che lo hanno votato”. Perciò afferma di non ritenere di star mettendo “alla gogna” alcuno, ma di voler solo “che alcune cose” vengano “chiarite e che le chiarificazioni” non si facciano “in piazza, ma nei luoghi deputati”.
In conclusione Scheriani dice di rammaricarsi per come“alcuni connazionali” stiano cercando di “svuotare di contenuti e soggettività” le istituzioni della CNI, come ad esempio le CAN. “Forse”, questa la sua constatazione finale, sono vere le voci che gli vengono riportate che “le CAN e in particolar modo la CAN Costiera” starebbero “sullo stomaco a qualcuno” perché hanno ottenuto dei risultati importanti e per questo bisogna infangarle e renderle invisibili”.
Barbara Costamagna