Foto: Valerio Fabbri/Radio Capodistria.
Foto: Valerio Fabbri/Radio Capodistria.

Per i giornalisti raccontare un mondo, ma anche il mondo da diverse angolature è sempre una ricchezza, e in Slovenia è una possibilità concreta che dovrebbe essere incoraggiata e sviluppata. Il segreto per farlo bene è sempre lo stesso: competenza, professionalità, impegno e preparazione, caratteristiche che però si scontrano con il mondo reale, sempre accelerato, e una mancanza di fondi e mezzi tecnici che rischia di scoraggiare anche i più motivati e volenterosi.
Si può riassumere così il cuore della questione affrontata questa mattina all'Istituto di studi etnici di Lubiana, dove in una tavola rotonda si sono confrontati i rappresentanti dei media delle comunità minoritarie presenti in Slovenia, quelle autoctone italiana e ungherese, e delle comunità dei rom e delle ex repubbliche jugoslave.
E' stata un'occasione per sottolineare l'importanza di queste voci innanzitutto come veicolo per superare i luoghi comuni. Un lavoro svolto con grande passione, fra difficoltà anche logistiche non banali e competenze precise, al punto che il collega di TV Capodistria e relatore Damian Fischer ha definito una "missione" più che un semplice impiego. " la nostra è una missione, è più di un lavoro, più di un mestiere. In questo caso però ci troviamo a fare in conti con la mancanza di fondi, anche se il problema principale è la carenza di risorse umane. E se da un lato ci troviamo di fronte a fondi sempre più esigui, legata a doppio filo a questa questione c'è la difficoltà principale è quella di individuare le risorse umane, che devono essere del territorio, per cui devono conoscere le nostre particolarità, avere competenze specifiche per capire il nostro mondo, e devono conoscere due lingue, sloveno e italiano, ma anche la conoscenza del croato è utile."
Per permettere una maggiore risonanza è stato poi rivolto un appello ai grandi media, con un grande bacino d'utenza e al centro del dibattito giornalistico. La convinzione è che una maggiore attenzione da parte loro possa contribuire non solo a far conoscere meglio un mondo poco conosciuto, come quello delle comunità minoritarie, ma anche offrire una prospettiva diversa sul mondo e sugli affari correnti. Lara Sogo, connazionale piranese e ricercatrice dell'Istituto che ha moderato la tavola rotonda, lo spiega così: "Forse quello che accomuna tutti e quattro relatori è stato quello di svolgere il loro lavoro in modo professionale, obiettivo, di rendersi conto dell'importanza che svolgono i media nelle comunità minoritarie, anche come mezzo per il mantenimento della lingua materna e poi soprattutto si rendono conto di essere un veicolo per superare i pregiudizi e gli stereotipi che sono associati a queste comunità, in particolare per quel che riguarda la comunità rom e quella dei paesi dell'ex Jugoslavia."

Valerio Fabbri