“Il ministro mi ha in qualche modo promesso – ha detto Žiža - di fare un passo indietro per gli studenti, il corpo docenti e per tutti quei cittadini che hanno bisogno di varcare il confine per assistere i congiunti o per cure sanitarie. Il problema del tampone rimarrebbe per i lavoratori transfrontalieri. Il governo sloveno e l’Istituto nazionale di sanità prendono come riferimento le tabelle dell’Istituto Robert Koch. Con il ministro abbiamo constatato che quei dati sono in ritardo da 10 a 14 giorni. L’Italia, quindi lì figura in zona rossa e non gialla, come invece è oggi".
Ma perché la Slovenia ha deciso di introdurre i tamponi per i transfrontalieri?
"Lo ha fatto perché un analogo provvedimento è stato preso in Austria, ma Vienne aveva motivi giustificati per farlo. Secondo un'altra tabella del Centro europeo per la prevenzione delle malattie infettive - aggiornata a ieri - emege che l’Austria, la Croazia, l’Ungheria e l’Italia, quindi tutti e quattro i paesi che confinano con noi, sono in zona gialla, mentre la Slovenia con un numero di casi tre volte superiore è ancora in profondo rosso. E’ comprensibile che l’Austria si difenda e potrebbero farlo anche gli altri paesi ai nostri confini, ma sicuramente non il contrario. Il ministro Hojs ha capito benissimo il problema e ha detto che si prenderà tempo fino a domenica, quando ci sarà una nuova seduta del governo, per decidere se fare un passo indietro, anche sui lavori transfrontalieri. Speriamo di avere risposte positive per tutti".
Stefano Lusa