Un'occasione per conoscere la storia da un altro punto di vista. Questo lo spirito con cui gli oltre 150 studenti delle scuole di Roma hanno visitato Capodistria ed hanno potuto ascoltare le testimonianze di quanto successo in queste terre dopo la Seconda Guerra Mondiale. Racconti che hanno avuto per protagonista il vicesindaco italiano della nostra città, Mario Steffè, che con una certa emozione ha risposto anche alle domande che i ragazzi gli hanno rivolto. Positive le valutazioni del vicesindaco capodistriano sull'incontro con la prima cittadina di Roma: "con il sindaco Raggi abbiamo avuto un dialogo molto diretto e proficuo. Abbiamo parlato soprattutto dall'esigenza di avere uno scambio positivo e collaborativo tra i vicini stati. Quindi proprio attraverso la conoscenza reciproca, anche dei fatti storici, con una visione ed una lettura non di parte, ma quanto più obiettiva possibile, si può trovare una continuità di collaborazione e si possono gettare nuovi ponti per creare una maggiore integrazione dei rapporti.
Mi ha molto colpito il coinvolgimento dei ragazzi che sono stati molto attenti e partecipi. Hanno rivolto molto domande che chiaramente riguardano una realtà molto distante, molto lontana non solo geograficamente dalla loro, che è stata una realtà, quella dei nostri territori, probabilmente sottaciuta, a volte misconosciuta e che sicuramente rivendica, diciamo così, la giusta comprensione storica, soprattutto da parte delle nuove generazioni, per evitare di ricadere negli sbagli del passato.
Io credo che confrontarsi con quelle che sono le piccole storie, le storie dirette, della gente magari riescono a far breccia nei giovani, perché accanto alla grande storia è giusto anche capire le piccole storie, che nei risvolti di quella che è la storiografia ufficiale possono dare spunto per una riflessione ed una comprensione più immediata".
Giornata per certi versi storica, come ha spiegato il sindaco di Roma, Virginia Raggi: "è stato un momento storico perché il sindaco della città di Roma ha incontrato il sindaco ed il vicesindaco della città di Capodistria. Si comincia, probabilmente un nuovo percorso insieme, per riannodare un po' i fili di una storia spezzata che ha lasciato drammi all'interno di famiglie che sono state divise. Credo che i ragazzi abbiano apprezzato anche quello che è stato fatto, quello che è stato detto: sono state raccontate storie di persone, quindi non si è parlato per categorie, non si è parlato solo della grande storia ma anche di piccoli drammi umani, di piccole delusioni. A volte anche felicità, storie di persone che ce l'hanno fatta. Forse capire tutto questo ci aiuta a ragionare con occhi diversi, a capire che non è tutto bianco o tutto nero. La realtà che viviamo oggi e la realtà di prima sono estremamente complesse, quindi dare nuovi ed ulteriori strumenti a ragazzi che stanno vivendo un'epoca molto difficile, secondo me, è il modo migliore per aiutarli ad essere sempre più consapevoli del mondo che li circonda.
Noi siamo partiti da Roma e due giorni fa avevamo delle idee. Piano piano, da quando siamo arrivati, stiamo capendo come le nostre idee non erano aderenti alla realtà. Stiamo quindi costruendo una storia e soprattutto cercando di capire quanto ragionare per categorie, giusto o sbagliato, buoni o cattivi, in queste terre, dove appunto si è parlato di confine mobile, di italiani sbagliati, con alcuni che partivano ed altri che rimanevano, di fatto non andava bene, perché in realtà venivano osteggiati sia i rimasti che chi arrivava in Italia. Gli esuli in qualche modo dovevano ricostruirsi una vita e chiaramente venivano visti con una certa diffidenza. Insomma una realtà molto complessa che questi ragazzi stanno approcciando con occhi, secondo me, estremamente attenti. Cerchiamo di parlare ai giovani con altri linguaggi; quando si ascoltano dei testimoni e quindi non si legge un libro, si parla direttamente con il cuore e loro questo lo capiscono.
Quest'anno abbiamo portato oltre 100 ragazzi da 24 istituti diversi, con 24 docenti. Ogni anno chiaramente chiediamo gli istituti chi vuole partecipare; c'è una selezione naturale per forza di cose perché non possiamo accogliere tutti, benché a mio avviso ci sono dei viaggi, come questo della memoria, che dovrebbero costituire parte integrante del programma scolastico di ciascuno studente.
Andare a vedere, a toccare, a sentire, a vivere quei luoghi, parlare con i testimoni è il modo migliore per riuscire a costruirsi una memoria da parte di chi, quella memoria, per mille ragioni, non ce l'ha. Se questo diventasse parte integrante di un programma scolastico io credo che noi potremmo contare su una generazione quantomeno più consapevole.
Noi dopo il primo viaggio ad Auschwitz-Birkenau, che abbiamo fatto con la mia amministrazione, ci siamo inventati, insieme agli studenti, un progetto che si chiama “Testimoni dei testimoni” ossia noi abbiamo coinvolto i ragazzi nel diventare loro stessi la voce dei testimoni, attraverso un percorso che li porta a confrontarsi con gli studenti che non sono partiti, con le loro famiglie, con altri. E non solo: alcuni di quei ragazzi del progetto “Testimoni dei testimoni” son qui oggi con noi, proprio per iniziare a lavorare con questi ragazzi. Poi è possibile a mio avviso iniziare ad intraprendere dei percorsi con le amministrazioni, per esempio per avviare degli scambi tra studenti, per ragionare su progetti comuni, che portino di nuovo queste persone ad incrociarsi, scambiarsi esperienze, vita, anche perché ormai siamo tutti cittadini europei, quindi moltiplicare le nostre occasioni di contatto serve a far crescere questi ragazzi in una dimensione sovranazionale che di fatto è quella esistente".
Davide Fifaco