A Fiume se ne va un altro pezzo del patrimonio culturale ed industriale della città. Questa mattina è crollato il tetto della rampa di lancio dell’ex Silurificio Whitehead. La struttura – come riporta La voce del popolo on line - versava già da decenni in uno stato di totale degrado nonostante il grande valore storico del complesso. Gli sforzi di questi anni per restaurare l’impianto si sono così dimostrati vani, anche se i siluri fiumani sono una sorta di landmark cittadino ed oggi sono custoditi in molti musei di tutto il mondo.
Ilaria Rocchi, caporedattrice di Panorama, afferma sconsolata che ogni commento è superfluo e precisa che si sapeva da tempo che la struttura era a rischio a causa dell’incuria pluridecennale nei confronti di questo pezzo del patrimonio storico e culturale della città. “Lo stato della struttura – precisa la Rocchi – era sotto gli occhi di tutti. C’erano segnali evidenti e molte erano le sollecitazioni a recuperare questo tassello del nostro passato. Si tratta di una rampa di lancio di un’arma che è stata inventata a Fiume da un fiumano e perfezionata da un industriale inglese. Sono costernata, scandalizzata e amareggiata – ha aggiunto la Rocchi - sia come fiumana sia come storica. Spero che questo episodio spinga la municipalità a reagire e a fare qualcosa. Ci sono stati parecchi studi di architetti, anche laureati a Trieste, di ragazzi che hanno frequentato le nostre scuole, per il recupero di questa rampa di lancio, ma poi tutto è caduto nel nulla”.
Eppure, Fiume si è presentata come capitale europea della cultura del 2020, con un contestato video che esalta il passato industriale della città. Si vede il porto e del panfilo in rovina di Josip Broz – Tito, il padre padrone della Jugoslavia socialista. Ma con questa rampa la capitale europea della cultura non ha perso un pezzo di sé? “Questa città – rimarca la Rocchi- punta su questo video promozionale, che in effetti è un amarcord di una realtà che non esiste più. Non esiste una realtà urbana e borghese, l’industria è stata smantellata, soprattutto dal 1990 ad oggi ed il crack del cantiere 3 maggio è l’ultimo episodio di una vicenda che si trascina da tempo. Insieme a questa cultura industriale ed urbana sparisce una realtà e se ne sta formando una nuova che non so dove stia andando”.
Fiume del resto fa fatica a confrontarsi con un passato scomodo “che non rema nella direzione mainstream, che parla di una città legata da sempre alla “madrepatria” croata. Tutte le pietre dicono altro e questo può dare un po’ fastidio” sottolinea la Rocchi.
Intanto si sta avvicinando il centenario dell’impresa dannunziana, ma in quest’ambito qualcosa si sta muovendo in senso opposto. “Capendo che questo evento- precisa la Rocchi- poteva essere sfruttato a scopi promozionali per la città, anche in senso turistico, si sono aperti degli spiragli e Fiume si è dimostrata pronta a non nascondere sotto il tappeto questo episodio, ma sembra pronta a parlarne, e a scandagliare la vicenda, forse anche in maniera nuova, instaurando addirittura una collaborazione con il Vittoriale degli italiani”.
Stefano Lusa