I massimi rappresentanti delle istituzioni politiche croate e della minoranza serba in Croazia si sono riuniti per la prima volta alla cerimonia di commemorazione delle vittime serbe del villaggio di Grubori. Nell'entroterra della Dalmazia vennero uccise a sangue freddo 6 persone dalle forze croate esattamente 25 anni or sono. Presenti il presidente croato Zoran Milanovič, il vice premier Boris Miloševič, il deputato Milorad Pupovac, e l'intervento piu' atteso e' stato pronunciato da Tomislav Medved, ministro per i veterani croati, vice premier e generale in pensione, il quale ha evidenziato che si sta soffrendo ancora per le conseguenze della guerra ed e' arrivato il momento di tendere la mano e costruire un futuro comune. Medved ha aggiunto che la Croazia vuole esprimere il proprio dolore per tutti i civili uccisi ed e' dovere avere compassione per tutte le vittime innocenti. L'eccidio di Grubori, villaggio serbo a una ventina di chilometri da Knin avvenne il 25 agosto 1995 quando le forze della polizia speciale croata, 2 settimane dopo la vittoriosa conclusione dell'offensiva Tempesta, che pose fine alla ribellione dei serbi, uccisero a sangue freddo 6 anziani e diedero fuoco alle loro abitazioni. Le 6 vittime sono il simbolo dei circa mille serbi uccisi da parte delle unita' militari croate dopo la fine delle operazioni belliche per rappresaglia o pura vendetta o odio etnico. La giustizia croata ha confermato che a Grubori venne commesso un atroce crimine ma finora nessuno e' stato mai condannato per averlo commesso o ordinato. La commemorazione rappresenta un altro importante passo verso la riconciliazione tra croati e serbi di Croazia dopo che il 5 agosto scorso il vice premier Miloševič, di etnia serba, ha partecipato alle celebrazioni della vittoria croata nella guerra per l'indipendenza del paese completata con la presa di Knin. In quell'occasione il premier Plenkovič, in un discorso di portata storica, ha ammesso che le forze croate commisero crimini di guerra aggiungendo che la vittoria fu traumatica per molti serbi di Croazia, che lasciarono la propria terra e le proprie case.
Franco de Stefani