Cerimonia sobria e semplicissima quella di stamani a Villa Zagorje. Zoran Milanović ha prestato giuramento ai giudici della Corte costituzionale dinanzi alle massime autorità dello Stato ad una strettissima cerchia di famigliari e collaboratori. Il quinto presidente croato ha ringraziato i suoi predecessori, lo scomparso Tuđman che – come affermato- non ha avuto modo di conoscere e Mesić, Josipović e Grabar Kitarović presenti all’ investitura. “Non sarò una fattore correttivo bensì un fattore costruttivo” ha detto il nuovo capo dello stato riferendosi alla collaborazione col potere esecutivo mentre per quanto riguarda le direttrici in politica estera ha dichiarato che è sua intenzione concentrarsi sui punti che uniscono e che rafforzano la collaborazione. “Questi superano di gran lunga quelli che la ostacolano e che ci fanno allontanare dal mondo e dai vicini” ha aggiunto Milanović che chiedendo comprensione per i possibili futuri errori ha sostenuto di non ritenere un errore la diversità di pensiero o opinione.
“La guerre sono finite” altro messaggio lanciato dal presidente croato intenzionato a combattere il nazionalismo e a valorizzare quegli aspetti del patriottismo volti alla crescita e allo sviluppo del paese nel quale- a detta di Milanović -ogni cittadino deve sentirsi accettato. “Nessuno deve sentirsi escluso o discriminato perché diverso; diverso perché appartenente- per nazionalità, religione, orientamento sessuale- ad un gruppo numericamente più debole” ha affermato ancora Milanović ricordando che nel suo mandato si impegnerà per garantire indipendenza al potere giudiziario, alla comunità scientifica e ai mezzi d’ informazione.
Un insediamento definito dignitoso e particolare quello di Milanović piaciuto a tanti e molto diverso da quelli pretenziosi del passato nella centralissima Piazza San Marco. Qualche critica per la scelta musicale con l’inno nazionale interpretato da Josipa Lisac. Piaciuto anche l’intervento del nuovo presidente definito equilibrato. “È stato un discorso sentito e costituzionale” l’opinione di Furio Radin, vicepresidente del Sabor e deputato della CNI che ha presenziato alla cerimonia. “È andato anche oltre, naturalmente in senso positivo, ai contenuti costituzionali parlando di parità di genere, del fatto che cultura non è solo l’alta produzione ma anche cultura amatoriale, del popolo; del lavoro che non è solo di chi è impiegato ma anche di chi un lavoro non ce l’ha; quindi un intervento che mi è piaciuto e che conferma un cambiamento, una maturità di Milanović” ha dichiarato Radin che rileva l’importanza del passo dedicato alle minoranze nel più ampio senso del termine. “Nonostante le competenze limitate il capo dello stato può avere un grande impatto sulla politica, un’influenza morale che può essere decisiva” ha detto l’esponente CNI ed ha concluso “Per quanto riguarda la Comunità nazionale italiana non dovrebbe cambiare niente visto che non è il Capo dello Stato a decidere quale sarà la politica nei confronti delle minoranze. Il presidente deve difendere la Costituzione, vigilare l’applicazione delle sue disposizioni e io sono sicuro che Milanović sarà sicuramente un ottimo garante anche della parte relativa ai gruppi nazionali”.
Lionella Pausin Acquavita