Se l'obiettivo del progetto Fiume Capitale europea della Cultura 2020 era quello di mettere metaforicamente il dito nelle piaghe storiche, ebbene possiamo dire che è stata imboccata la strada giusta. La mostra "L'olocausta di D'Annunzio" inaugurata nello storico Palazzo del governo ha colpito nel segno. Certo l'esposizione, come ogni iniziativa culturale che s'azzarda a toccare delicate pagine del passato, si presta a giudizi variegati. L'intento dei promotori è quello di offrire una visione al femminile dell'impresa dannunziana, il tutto lanciando all'Europa un messaggio esplicitamente antifascista. Chiaramente l'iniziativa non sfugge troppo a quella che è la prospettiva classica con cui si guarda all'entrata dei legionari nel capoluogo quarnerino con alla testa il Vate. Mentre da parte italiana, nel trattare la vicenda prevalgono generalmente gli aspetti politici, da parte croata, anche quando c'è di mezzo l'ideologia, tutto ruota sulla questione nazionale. Una questione che anche la sinistra ha saputo abilmente cavalcare nel secondo dopoguerra e che probabilmente in parte sta alla base delle sue fortune elettorali e politiche in queste zone. Che si parli di autonomismo, D'Annunzio, fascismo e chi più ne ha più ne metta è ormai scontata la diffidenza da parte della maggioranza, che al di là delle divisioni politiche interne, tende a fare di tutta l'erba un fascio dando un'interpretazione prevalentemente etnico-nazionale al tutto. Per questo motivo la mostra sull'impresa dannunziana è un passo coraggioso, interessante, al di là dei giudizi che le parti interessate potranno darne. Certo, come ha lanciato intendere nelle sue dichiarazioni il sindaco Vojko Obersnel, c'è un convitato di pietra in questa esposizione, ossia la statua che s'intende erigere a Trieste in onore del Vate. Piaccia o no, è inevitabile che all'iniziativa si guardi da ottiche diverse. Arrivare a una memoria storica condivisa nell'Adriatico orientale è impresa improba: dobbiamo accontentarci, almeno per ora, del rispetto reciproco tra le varie memorie. E anche questo è un traguardo tutto da raggiungere.
Non poteva mancare, a parte le valutazioni storiche contrastanti, qualche elemento di provocazione. Un gruppo croato ha denunciato che qualcuno avrebbe affisso manifesti risalenti all'Italia fascista attorno al Palazzo del governo in cui è stata allestita la mostra. Potrebbe averlo fatto chiunque, magari per incolpare l'altra parte. Anche questo dimostra quanto il cammino verso la comprensione reciproca sia irto di ostacoli e non piaccia a tutti. Ma indietro non si torna. Capitale della Cultura significa anche dibattito franco e aperto. Ben vengano tutti i giudizi: alla fine l'importante è che se ne parli, perché soltanto così è possibile sconfiggere le mitologie nazionali, che da queste parti sono molto, troppo coriacee.
Di pari passo alle iniziative fiumane su D'Annunzio meritano attenzione anche quelle del Vittoriale degli Italiani, che vuole offrire al capoluogo quarnerino una copia della testa dell'aquila decapitata da due legionari. Sarebbe un peccato se le polemiche sulla statua triestina facessero naufragare questo bel gesto. Già, oltre alla statua, ora c'è di mezzo anche la mostra triestina sul Vate. Sulla stampa zagabrese lo scrittore Miljenko Jergović la vede come fumo negli occhi, perché offrirebbe un'immagine esclusivamente italiana della Fiume di allora. E da qui a rispolverare atavici spettri il passo è breve. Certo è che per D'Annunzio l'interesse non manca.
Dario Saftich (La Voce del Popolo)