Dopo quattro anni, la Croazia di nuovo unita nel rendere omaggio alle vittime di Jasenovac, il più grande dei campi di concentramento gestiti dal regime ustascia di Ante Pavelić durante la Seconda guerra mondiale. I rappresentanti delle vittime e degli ex combattenti partigiani hanno partecipato alla commemorazione ufficiale, assieme alle massime cariche dello stato, del 75-esimo anniversario della fuga degli ultimi prigionieri del lager. Le divergenze che avevano dettato il boicottaggio degli anni scorsi non sono, però, ancora rientrate.
Jasenovac, luogo di orrore e martirio, ma anche punto di scontro tra i nazionalismi croato e serbo che continuano ancor oggi ad adeguare alle proprie esigenze il tragico bilancio delle vittime di questo campo di concentramento che sorgeva nella pianura a sud-est di Zagabria, a un passo dalla Bosnia Erzegovina. Le ricerche hanno dato un nome e un cognome a 83-mila vittime e con quelle ancora da accertare il bilancio potrebbe arrivare a circa 100- mila morti. Ma in Serbia il dato che parla di 700-mila di soli serbi uccisi dai boia del duce croato, qualcuno dice anche un milione, è quasi un luogo comune, mentre in Croazia era stato lo stesso Tudjman quando era ancora dissidente, a voler ridimensionare a 30-mila morti il triste bilancio di Jasenovac, per non parlare del revisionismo storico esploso con l'avvento della democrazia e dell'HDZ quando una commissione parlamentare arrivò addirittura a sostenere che le vittime furono in realtà solo un centinaio. La goccia che nel 2016 fece traboccare il vaso inducendo serbi, ebrei, rom, antifascisti ecc. a boicottare la cerimonia ufficiale è stata la targa con il saluto ustascia Za Dom Spremni - Per la patria pronti, piazzata proprio nella località di Jasenovac da un'associazione di ex reduci della guerra patria degli anni '90. Il premier Plenković ha reagito alla sua maniera decretando dopo un anno lo spostamento della targa di una decina di chilometri, a Novska, dopo che una commissione ha stabilito che il saluto ustascia a volte è accettabile e a volte no. Che cosa è cambiato nel frattempo? Gli ex combattenti avranno sicuramente apprezzato l'inatteso gesto di Plenković che l'anno scorso ha mandato un inviato a deporre una corona a Tjentište, sul confine tra Bosnia e Montenegro, teatro di una delle epiche battaglie partigiane del 1943. Comunque il presidente del comune ebraico di Zagabria, Ognjen Kraus, dopo aver deposto la corona, niente discorsi a causa del coronavirus, ha fatto intendere che l'anno prossimo il boicottaggio riprenderà, se il potere politico non avrà liberato il paese da tutte le ipoteche storiche, mentre il leader del principale partito serbo Milorad Pupovac ha detto che le controversie non sono state ancora risolte, ma che le minoranze etniche, dopo questo loro gesto di buona volontà, si aspettano un'analoga disponibilità della controparte. Esplicito il capo dello stato Milanović: la targa che sta oggi a Novska va buttata via.
Boris Mitar