Foto: MMC RTV SLO
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Il loro numero non può non stupire: sono più di ventimila le parole italiane che hanno avuto successo internazionale. La maggior parte viene dal mondo della cultura, perché nel campo della musica, dell'arte, della letteratura, l'Italia nei secoli passati, si sa, ha contato moltissimo e di regola - per dirla con il linguista Gian Luigi Beccaria - la Nazione che eccelle in un determinato ambito, è quella che presta alle altre le parole del settore in cui detiene il primato. Quasi l'intero mondo usa "opera", "concerto", "soprano", "sinfonia", "violino"; "affresco", "balcone", "cupola", "facciata"; "sonetto" e "madrigale". Più antica ancora è la diffusione di termini legati al commercio, la finanza e la marineria, come "banco", "bilancio", "mercante" e "valuta"; "bussola", "pilota" , "scirocco" e "tramontana". Ogni secolo, dal Medioevo in poi, registra le sue migrazioni di parole. Tanti sono gli italianismi del cibo, un settore oggi in grande espansione. "Pizza" (che si diffonde a partire dagli anni Trenta del Novecento) è presente in non meno di 60 lingue, "spaghetti" in 54, "cappuccino" in 40, "espresso" in 31, "risotto" in 27. Novecenteschi sono anche i termini legati al cinema, da "paparazzo" a "dolce vita", e quelli a "mafia" e "camorra". Universale è diventato il "ciao" (presente in 37 lingue).
Capita a volte che le voci italiane prendano all'estero un significato diverso da quello originario. Tra i casi più curiosi si può citare "mandollin", che in coreano può indicare una donna incinta. "Polenta" nello spagnolo di Argentina ha il significato di 'energia, vigore fisico', e nei paesi anglosassoni una "pepperoni pizza" corrisponde a una pizza con la salsiccia ("pepperoni" significherà perciò 'salsiccia al peperoncino, piccante'). Un ultimo dato: tra le lingue occidentali l'italiano è dopo l'inglese e davanti al francese, la lingua che genera più prestiti nelle lingue europee.