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In vista dell'appuntamento del 2020, anno in cui Fiume sarà Capitale europea della cultura, giunge puntuale un primo contributo della rivista La battana, che nel nuovo fascicolo da poco in edicola e in libreria, indaga la vivace stagione delle avanguardie letterarie nella cultura italiana a Fiume negli anni Venti e Trenta. La considerazione di partenza degli autori del saggio, scritto a quattro mani dall'italianista e docente universitaria Gianna Mazzieri-Sanković e dal suo allievo Robert Predovan, è che il peculiare clima multiculturale fiumano è all'origine di uno spirito di apertura che rende la città particolarmente ricettiva nei confronti delle novità culturali. Se dunque in coincidenza con l'impresa dannunziana la cultura italiana a Fiume si pone sotto il segno del futurismo e del movimento Yoga, il successivo periodo tra le due guerre mondiali vede una fiorente attività pubblicistica, che ha nelle riviste Delta e Termini le due testate letterarie più conosciute, entrambe impegnate in piena epoca fascista in un ruolo di mediazione e di ponte con le letterature dei Paesi vicini, a cominciare da quella della Jugoslavia. Tra le personalità della vita culturale e letteraria fiumana di allora spiccano i nomi di Antonio Widmar, Francesco Drenig, e soprattutto di Osvaldo Ramous ed Enrico Morovich. Autore vicino al realismo magico il primo, inventore di storie fantastiche e surreali il secondo. Enrico Morovich, scomparso a Chiavari nel 1994, sarebbe divenuto il più noto scrittore fiumano dell'esodo. Osvaldo Ramous, che a differenza di lui scelse di restare, ha invece finito col rappresentare (come notava il critico Bruno Maier) la continuità storica della letteratura italiana a Fiume e in Istria dopo il 1945. Protagonista fra i maggiori, se non anzi il maggiore in assoluto, nel panorama del secondo Novecento; una poliedrica figura di poeta, scrittore, drammaturgo, traduttore, e di intellettuale della minoranza impegnato nella difesa dell'identità italiana e dei diritti dei "rimasti".

Foto: Edit Fiume