A un anno dall’annuncio a sorpresa della decisione di Wärtsilä di abbandonare la produzione nell’impianto di Bagnoli della Rosandra, e dopo molti incontri fra sindacati, azienda e governo, purtroppo finora senza esito, i lavoratori sono tornati a manifestare in occasione dello sciopero nazionale del comparto metalmeccanico indetto oggi sulle politiche industriali e sui tavoli di crisi.
Di fronte ai cancelli dello stabilimento è stato organizzato un presidio, e a Trieste, accanto ad esponenti politici come la deputata Debora Serracchiani e la senatrice Tatjana Rojc, sono giunti i rappresentanti nazionali di Cgil, Cisl e Uil per sottolineare la necessità che il governo s’impegni per far continuare l’attività in un sito che impiega attualmente 400 lavoratori, che attendono certezze sul proprio futuro.
“L'iniziativa di questa mattina – ha detto Guglielmo Gambardella della Uilm -, con uno sciopero di tutte le aziende della città, che danno solidarietà in questa vertenza, è un fatto importante e quindi noi speriamo che, dopo questa iniziativa, si dia seguito a tutta questa pressione che come organizzazioni sindacali stiamo esercitando, perché la vertenza Wärtsilä è un po' lo specchio dell'Italia. È una vertenza emblematica, perché si tratta di un'industria che produce motori navali in un paese in cui c'è una grande industria cantieristica navale, ed è paradossale dover chiudere una produzione di questo tipo. Purtroppo questa vicenda fa parte delle logiche delle multinazionali, un altro grande problema che coinvolge tutti i paesi”.
“Detto questo – ha aggiunto - vogliamo che col Governo si apra un confronto per una valorizzazione dell'Industria, perché l'industria è asset strategico, la spina dorsale di qualsiasi economia che voglia avere una prospettiva. Un paese senza un’industria non può avere un futuro. Anche questa ostentata crescita del PIL in Italia risente semplicemente di flussi turistici, che poi prima o poi passeranno e riporteranno il paese nel mondo reale, mentre un'industria che ha una sua consistenza può assicurare un futuro per anni e anni, e lo dimostra anche la più grande economia del nostro continente, la Germania, che basa la sua economia sull'industria. Noi chiediamo che sull'industria metalmeccanica vadano messi tutti gli strumenti possibili, investimenti privati e pubblici, per sostenerla”.
“I tavoli che sta tenendo il ministro Urso nei settori strategici come l'automotive, l'elettrodomestico, la siderurgia, finora non hanno prodotto alcun risultato, e quindi evidentemente c'è bisogno di fare una riflessione su questo”.
La crisi Wartsila non è però purtroppo un caso isolato in Italia dove per in sindacati occorrerà una strategia di sistema, su cui i sindacati vogliono porre l’attenzione come conferma Luca Trevisan della Fiom: “Fiom, Fim e Uilm sono tornate a scioperare in tutto il territorio nazionale, e lo fanno perché vogliono aprire una grande discussione con il governo, per progettare, avere un'idea di quale sarà il futuro industriale di questo paese. Lo dobbiamo fare perché tutta l'industria, non solo quella italiana, sarà attraversata da grandi trasformazioni: si parla tanto di transizione energetica, di transizione digitale e ambientale, che sono tutte cose a cui non si può ovviamente resistere, ma si tratta di rendere quella transizione anche una transizione sostenibile socialmente, difendendo il lavoro, l'occupazione, il salario e i diritti dei lavoratori”.
“Da questo punto di vista Wärtsilä la rappresenta una vertenza paradigmatica: è una delle tantissime vertenze che sono approdate ai tavoli governativi da più di un anno, da quando questa multinazionale decise dalla sera alla mattina di delocalizzare tutta la produzione, chiudere lo stabilimento e licenziare oltre 400 lavoratori. Da un anno – ha aggiunto - i lavoratori si battono per tenere aperta la prospettiva di continuare a lavorare, a produrre e serve un impegno decisivo del governo: devono seguire alle parole i fatti. L’esecutivo si è impegnato affermando che questo è un sito strategico, che bisogna garantire produzioni di alta qualità e di alto valore: si tratta però di farlo in tempi rapidi, perché da qui a qualche mese qui rischia di precipitare tutto con l'apertura nuovamente delle procedure di licenziamento e con l'espulsione di centinaia e centinaia di lavoratori. Lo sciopero di oggi vuole essere un monito a questo governo: bisogna accelerare il progetto di reindustrializzazione, servono i soggetti industriali che subentrino a Wärtsilä nella gestione del sito e che garantiscano occupazione e reddito ai lavoratori”.
Anche Massimiliano Nobis della Fim sottolinea la necessità di un salto di qualità da parte del Governo nella trattativa: “Il 29 novembre abbiamo firmato un accordo al Ministero dove In tutte le parti, governative, regionali e aziendali si impegnavano a trovare un progetto di reindustrializzazione, ma ad oggi sul tavolo non c'è nulla: noi crediamo che questo sito possa avere una destinazione seria, che mira anche a valorizzare le competenze, perché ci sono situazioni di infrastruttura che agevolano qualsiasi attività industriale, ci sono competenze e professionalità. La sfida è ancora aperta, il governo si è impegnato nel penultimo incontro a dare una prospettiva di reindustrializzazione, da spettatore è diventato partecipe di questa vertenza, quindi siamo fiduciosi che da settembre in poi si possa a cominciare a parlare di progetti concreti da parte del Governo e delle Istituzioni. Finora il governo ha fatto un lavoro di coordinamento, di monitoraggio e di attenzione. Abbiamo chiesto anche la partecipazione con dei progetti e finanziamenti, vediamo il ministro D'Urso qui sul territorio sostenuto dal presidente Fedriga, quindi ci auguriamo che dopo i fatti ci siano anche delle azioni concrete di futuro occupazionale per questa azienda”.
Alessandro Martegani