I frontalieri istriani e in primo luogo quelli che da settimane passano il confine- sia quelli impiegati in Slovenia, verso la quale le frontiere non sono mai state chiuse, sia quelli in rapporto di lavoro in Italia con obbligo d’isolamento al rientro - salutano le nuove disposizioni di Zagabria e la liberalizzazione dei passaggi.
“Rientrata dal lavoro a Muggia, al confine di Sicciole - Plovania nessun papiro, nessuna carta da firmare, nessuna autodichiarazione sull’isolamento”, ci racconta, incredula, l’umaghese Nada R. che da settimane al rientro a casa doveva sottoscrivere il documento sull’auto isolamento che in pratica la metteva in una specie di “arresti domiciliari”. “Per ben due volte la polizia mi ha ammonita, e lo ha fatto mentre stavo portando fuori di casa la spazzatura”, aggiunge soddisfatta della nuova liberalizzazione, ma anche un po’ indispettita perché dice: “mai si sarebbero aperte le frontiere per noi che circoliamo ogni giorno, che siamo gente di frontiera, che abbiamo legami non di proprietà ma di cuore aldilà o al di qua- dipende dalla prospettiva - del Dragogna”.
Convinto che le frontiere si siano aperte solo ed esclusivamente per stimolare il turismo pure il salvorino Danijel P, anche lui rammaricato perché per due mesi “ci si è dimenticati degli abitanti locali, degli istriani che vivono divisi da una frontiera che non dovrebbe esistere e che ha impedito ricongiungimenti tra figli e genitori, tra nonni e nipoti, tra cugini, parenti e amici” , e aggiunge: “ben vengano tutti; però, anche in questa situazione, ci hanno fatto capire che noi siamo l’ ultima ruota del carro”.
“Poliziotti nervosi e indispettiti, sia sloveni sia croati”, racconta un’altra interlocutrice aggiungendo: “specie questi ultimi che devono registrare dati completi di chi entra nel paese; con una decina di automobili l’attesa si prolunga per mezz’ora, quaranta minuti e dunque c’è da immaginarsi cosa succederà nel fine settimana per non parlare dei mesi estivi”.
Alen Zubin, nato e vissuto fino a poco tempo fa a Mulini, proprio a ridosso del confine, oggi ha varcato la frontiera e ha condiviso su alcuni social, e anche con noi, le sue riflessioni: “Oggi la Croazia ha liberalizzato il transito, ma non l’ha fatto la Slovenia, dove persiste ancora l’isolamento di sette giorni tranne per le persone che vi entrano per motivi di lavoro”.
Dunque, al momento niente spesa, compere o caffè a Portorose per i croati che decidono di varcare il confine. “Lo possono fare se si recano al lavoro, dal medico, a un funerale o in visita a un anziano parente, mentre per gli sloveni che hanno proprietà a nord del Dragogna via libera e senza isolamento”, racconta ancora Zubin che è uno dei membri più attivi su alcune reti social dedicate proprio all’Istria e ai confini. “Mi sembra utile condividere le informazioni perché ci sono molte persone che, come me, hanno parenti stretti o lontani in Slovenia e Italia o Croazia e dunque se posso raccontare delle novità lo faccio volentieri”, aggiunge Zubin che conferma le perplessità degli altri affermando che “ora si pensa ai turisti e agli stranieri, ed è giusto che sia così, ma si sarebbe dovuto pensare prima alla popolazione locale”.
“Zagabria e Lubiana, sordi per settimane alle difficoltà dei frontalieri, hanno trovato subito un accordo quando a chiederlo sono stati i proprietari di immobili e case di villeggiatura” ci ha detto il signor Bruno raccontando di aver gettato parte della frutta e della verdura che solitamente vendeva alle cooperative capodistriane. Riflessione condivisa da Franco che vivendo nel capodistriano non ha potuto occuparsi della sua campagna sui colli momianesi. Una critica da parte di entrambi alle autorità della Regione istriana e a quelle del Litorale sloveno: “Sono stati bravi ad arginare il dilagare del virus, ma non a comprendere le esigenze e le specificità dell’alta Istria” ci hanno detto aggiungendo “siamo consapevoli della grave situazione epidemiologica ma chi ci comanda dovrebbe altresì rendersi conto che qua non siamo né a Postumia né a Pola e che nessun virus, nessun confine, nessun controllo potrà interrompere i contatti umani che stanno al di sopra e sono più forti delle relazioni economiche, commerciali o turistiche”.
Lionella Pausin Acquavita