Come in altre occasioni è stata ancora una volta la Regione Istriana, seguita da una parte del Quarnero, a denunciare per prima le difficoltà di un settore – quello di bar e ristoranti- tra i più colpiti dalla pandemia e dall’emergenza sanitaria. Un’azione simbolica che ha fatto chiudere, lo scorso 10 settembre, da cinque a sessanta minuti i locali dell’area con l’intento di sensibilizzare l’opinione pubblica e il governo sui problemi riscontrati dalle 35 mila strutture di ristorazione del paese. “Io non ho potuto aderire alla protesta che andava fatta cinque minuti prima di mezzogiorno perché apro più tardi, ma appoggio in pieno l’iniziativa come pure le richieste dei miei colleghi”, ci racconta Dario Klarić proprietario del ristorante-pizzeria “Ca’nova” di Babici, nell’umaghese.
Sospensione fino a marzo 2021 del pagamento dell’IVA che andrebbe ridotta al 10 per cento per cibo e bevande, linee di credito facilitate a garanzia di liquidità e investimenti sono alcune delle richieste avanzate a Zagabria dai ristoratori che salutano l’intenzione del governo di proseguire con l’erogazione dei sostegni -4 mila kune mensili a dipendente- per quanti registrano un calo dei guadagni del 60 per cento.
“Dopo i due mesi di lockdown ho riaperto il locale il 16 maggio scorso e per quanto riguarda giugno e luglio non mi posso assolutamente lamentare”, ci dice ancora Dario facendo capire che, però, due mesi sono troppo pochi per mantenersi un anno intero. La sua “Ca’ nova” è una pizzeria-ristorante che lavora tutto l’anno con clienti locali e d’oltre confine, in primo luogo capodistriani e triestini ma, nei mesi estivi - complice la posizione- punta pure sui numerosi turisti che risiedono nei campeggi limitrofi e sugli sloveni, e sono numerosi, che nei dintorni possiedono seconda casa. “Questi ultimi, anche grazie alle disposizioni del loro governo che acconsente a chi ha una proprietà in Croazia di venirci per 48 ore senza dover sottostare all’isolamento una volta rientrati in Slovenia, sono ancora gli ospiti più numerosi del fine settimana”, racconta Dario constatando che si lavora a regime ridotto da metà agosto quando sono state introdotte le restrizioni di Lubiana e anche i tamponi per il rientro in Italia.
“Penso che Italia, Austria e Slovenia avrebbero dovuto adottare una politica selettiva e distinguere l’Istria dal resto della Croazia in quanto vediamo che nella nostra regione l’epidemia è sotto controllo ed i contagi sono limitati nonostante l’alto numero di turisti registrati durante i mesi estivi” afferma il nostro interlocutore. “Nonostante il bel tempo non possiamo assolutamente parlare di un prolungamento di stagione: ci sono ancora un po’ di turisti tedeschi per lo più pensionati o giovani coppie mentre la paura dei contagi ma soprattutto l’incertezza sul futuro fa rimanere a casa pure quei tanti clienti locali che erano abituati a concedersi una pizza o una cena al ristorante”, prosegue Dario Klarić raccontando di essersi adeguato ai tempi organizzando consegne a domicilio anche perché dice: “Il mio ristorante è a conduzione famigliare, ma impiego pure alcuni dipendenti fissi e altri stagionali ai quali devo garantire gli stipendi”.
Stando ad alcuni dati ben l’80 per cento dei ristoratori croati afferma che - se non si troveranno delle soluzioni alternative a quelle già adottate e reputate provvisorie - sarà costretto a licenziare i propri operai. I responsabili della categoria aggiungono che il settore privato ha speso tutte le risorse a disposizione nel mantenimento sia della qualità dell’offerta sia delle misure anti-coronavirus e perciò chiama in aiuto lo stato. “È una situazione difficile per tutti, ma come in altre occasioni siamo proprio noi ristoratori della penisola a farla presente per primi“, afferma con una punta d’orgoglio istriano il nostro intervistato consapevole delle conseguenze deleterie che la pandemia ha avuto per tutti i settori dell’economia. “Io sono ottimista di natura e guardo con speranza al futuro anche se nessuno può togliermi dalla testa la convinzione che nulla ritornerà più come prima; questa, come altre crisi precedenti cambierà le abitudini e soprattutto andrà ad interrompere quei rapporti umani, quei contatti quotidiani che la gente di queste terre era riuscita a mantenere nonostante i confini “.
Lionella Pausin Acquavita