Gli inquirenti non hanno riscontrato tracce di violenza, accanto all’uomo c’era uno zainetto con i suoi documenti. Il cadavere è stato trovato dal proprietario del terreno che stava percorrendo una strada di campagna. Secondo le prime ipotesi l’uomo sarebbe morto di freddo, dopo aver passato la frontiera. Nell’ultimo fine settimana la polizia di Capodistria ha registrato 89 passaggi illegali del confine. La Slovenia sin dall’emergenza umanitaria del 2014 ha sempre sostenuto di non voler diventare una sacca per i migranti ed ha adottato rigide misure di controllo, pattugliando la frontiera e posizionando filo spinato e barriere al confine con la Croazia.
Per le organizzazioni che si occupano dell’assistenza dei migranti, in questo periodo i passaggi di confine lungo tutta la Rotta Balcanica si fanno sempre più complicati: i fiumi sono in piena, le temperature sempre più rigide e tra i migranti il timore è quello di essere ricacciati indietro. Stando alle fonti ufficiali, dal 2018 le persone riconsegnate alla Croazia sarebbero circa 29.000 mila, ma per chi si occupa della questione il numero in realtà sarebbe di molto superiore, visto che accadrebbe spesso e volentieri che una stessa persona sia riconsegnata alle autorità croate anche più volte. Le organizzazioni umanitarie denunciano che a loro volta i croati le rispedirebbero in Serbia o in Bosnia, da cui poi riprende la marcia verso Occidente, in una sorta di infernale Gioco dell’Oca.
Quello che appare evidente a coloro che continuano ad operare lungo la Rotta Balcanica è che i profughi sostanzialmente non si fidano della polizia. In Slovenia, ad esempio, non mancano severe critiche all’indirizzo delle autorità che ostacolerebbero le pratiche per la richiesta d’asilo. Alcuni dei casi più eclatanti sono approdati anche al tribunale supremo e alla Corte Costituzionale. Critiche sul trattamento dei migranti sono arrivate a più riprese anche dall’ufficio del Tutore dei diritti dell’uomo.
Stefano Lusa