La Lega e Matteo Salvini si aggiudicano un’altra sfida interna alla maggioranza, sempre più vicina alla rottura definitiva.
L’aula del Senato ha infatti respinto la mozione proposta dai 5 Stelle che chiedeva di abbandonare il progetto della Tav, approvando invece quelle presentate a favore.
Il dibattito al Senato sulle mozioni era stato preceduto da nuovi attacchi di Matteo Salvini ai 5 Stelle: il vicepremier era tornato a evocare la crisi se gli alleati non si fossero adeguati ai progetti che la Lega ritine fondamentali per il paese, mentre Luigi di Maio aveva indicato nel Parlamento l’unico organismo in grado di decidere sulla linea ad alta velocità.
La mozione proposta dai 5 Stelle aveva ben poche speranze di passare: la Lega era a favore dell’alta velocità, e Pd, Forza Italia e Fratelli d’Italia hanno presentato altri documenti favorevoli alla realizzazione. Solo Liberi e Uguali sosteneva la posizione dei grillini.
Salvini ha detto chiaramente che votare contro la Tav significa votare contro il governo e il paese, costringendo Palazzo Chigi, che aveva chiuso il discorso alcuni giorni fa, affermando che fermare il progetto costerebbe troppo, a intervenire, dichiarando che "la votazione sulla mozione-Tav non prefigura in alcun modo un sindacato sull'operato del governo£.
La divisione si è manifestata anche nell’indicazione di voto del governo, con due sottosegretari di Lega e 5 Stelle che hanno dato indicazioni opposte.
Nel corso del dibattito non sono mancati gli attacchi al ministro Danilo Toninelli, fiero oppositore del progetto, che ora rischia anche la poltrona, e la mozione sembra aver portato ormai la maggioranza in una situazione pre crisi, in cui però nessuno dei due componenti della coalizione sembra voler staccare la spina.
Anche l’ultimo Consiglio dei ministri non è stato in grado di prendere delle decisioni, bloccato dai veti incrociati, con i 5 Stelle che hanno contestato l'assenza di Salvini impegnato in un comizio ad Arcore, ma che appaiono divisi anche al loro interno, con la stessa leadership di Di Maio ormai messa in discussione.
Alessandro Martegani