Un’Italia dei record, sempre più multietnica e ricca di atleti e atlete che hanno origini diverse: quest’ultimo concetto in realtà dovrebbe essere ormai dato per scontato, non stupire più, non fare più notizia, soprattutto in un paese europeo, dove le persone circolano liberamente, e in un territorio come l’Italia, da sempre punto di arrivo e partenza per tutto il Mediterraneo, ma evidentemente non per tutti è così.
C’è chi sente ancora il bisogno di sottolineare e di fare dei distinguo fra i ragazzi e le ragazze che hanno rappresentato l’Italia a Parigi, spesso in un maldestro tentativo di dimostrare di essere a favore dell’integrazione. È il caso di Bruno Vespa, volto simbolo della RAI che, felicitandosi per la vittoria dell’oro nella pallavolo femminile in un tweet, ha fatto i complimenti alle giocatrici Paola Egonu (sbagliando fra l’altro anche il nome e chiamandola “Enogu”), e Myriam Sylla, definendole un “esempio d’integrazione vincente”, “brave, nere, italiane”. Oltre a sottolineare il colore della pella, cosa del tutto inutile e fuori luogo, Vespa ha evidentemente dimenticato che entrambe, come altre giocatrici della nazionale, sono nate in Italia, e quindi l’integrazione non c’entra proprio nulla.
La dose è poi stata rincarata da un ormai tradizionale avversario sui social, e in tribunale, di Paola Egonu, l’eurodeputato e generale Roberto Vannacci, che ha pensato bene di ribadire che i tratti somatici della giocatrice “non rappresentano la maggioranza degli italiani”. “Non ho mai messo in dubbio la sua nazionalità, la sua bravura – ha aggiunto – e alla prima occasione le chiederò anche un autografo”.
Interventi come questi hanno scatenato varie reazioni, spesso dimenticando che la presenza di atleti e atlete che hanno scelto di rappresentare l’Italia e che hanno origini straniere è ormai ampia e consolidata, e che molti hanno contribuito in maniera determinante all’ottimo risultato alle Olimpiadi appena concluse.
Solo per citare gli atleti finiti sul podio, la prima medaglia a Parigi è arrivata grazie a Mattia Furlani, bronzo nel salto in lungo, conquistato ad appena 19 anni, e figlio di Marcello Furlani, saltatore altista da 2,27, e Khaty Seck, velocista italiana di origini senegalesi, e sua allenatrice.
Nadia Battocletti, medaglia d’argento nei 10 mila metri, è figlia dell’atleta marocchina Jawhara Saddougui, Daniela Mogurean, bronzo nella ginnastica ritmica a squadre, è nata a Chișinău, in Moldova, mentre Guillaume Bianchi, argento nel fioretto a squadre, è per metà francese. Anche nel canottaggio un argento è arrivato grazie Gabriel Soares (in coppia con Stefano Oppo), nato in Brasile da genitori brasiliani e naturalizzato italiano. Andy Dianz Hernandez, atleta nato a Cuba e naturalizzato da un anno, ha portato all'Italia un bronzo nel salto triplo.
Ha origini polacche e ghanesi Jasmine Paolini, tennista numero cinque della classifica mondiale e vincitrice, accanto a Sara Errani, della medaglia d’oro nel doppio: è nata a Castelnuovo di Garfagnana da padre italiano e madre polacca, Jacqueline Gardiner, a sua volta per metà ghanese.
Nutrita la presenza di giocatrici con origini straniere anche nella vittoria che ha messo la firma alla partecipazione dell’Italia alla Olimpiadi, l’oro della squadra di Volley femminile, dove giocano Paola Egonu (forse la più forte giocatrice di Volley al mondo al momento), nata a Cittadella, nei pressi di Padova, da genitori di nazionalità nigeriana, Sarah Fahr, originaria di Kulmbach in Germania, Ekaterina Antropova, nata ad Akureyri in Islanda da genitori russi, Myriam Sylla, nata a Palermo con genitori ivoriani, e Loveth Oghosasere Omoruyi, nata a Lodi, da genitori inglesi di origini nigeriane.
Forse, come dice il generalissimo Vannacci, tutti questi atleti e atlete non rispetteranno i canoni dell’italianità (fissati peraltro da non si sa chi e in base a quali criteri), ma di fatto i successi sportivi dell’Italia sono merito proprio di quegli italiani e quelle italiane che, sempre secondo Vannacci, non rispetterebbero i canoni fisici della penisola.
Alessandro Martegani