Sono vari i fattori che secondo Milena Gabanelli mettono a repentaglio la tenuta dei viadotti sul tessuto stradale italiano.
Anzitutto l'età, dato che molte opere risalgono agli anni Cinquanta e Sessanta, un'epoca in cui erano pochi i trasporti da 100 tonnellate. Ma anche il costo del carburante: per decenni il diesel è costato molto meno rispetto alla benzina, mentre ora il costo è simile. Dal 2006 inoltre le ore di guida giornaliere dei camionisti sono limitate per legge. E' poi arrivata la concorrenza straniera: un conducente polacco, si esemplifica, costa un terzo di un italiano. Di conseguenza, le aziende italiane hanno perso quote di mercato. Per cui, per ottimizzare i costi, il carico dei tir è progressivamente aumentato, andando a stressare le infrastrutture, che non sono mai state sistematicamente ristrutturate.
Secondo la Gabanelli è inoltre impossibile monitorare il passaggio dei trasporti eccezionali sulle strade. In teoria, servirebbero nulla osta dell'Anas e di ogni ente locale attraversato: la procedura sembra lenta, per cui spesso non risulta applicata. Inoltre, dal 2014 le Provincie hanno iniziato a ricevere meno risorse in vista dell'abolizione, che poi non c'è stata. Per cui è divenuto difficile programmare la manutenzione delle infrastrutture: a fine 2017 circa 5.000 km di strade risultavano chiuse. Sempre nel 2017 alcuni fondi sarebbero stati sbloccati, tuttavia le tempistiche delle pubbliche amministrazioni sembrano lunghe. In conclusione, la Gabanelli individua nell'installazione di sensori che indicano le oscillazioni dei viadotti l'elemento necessario per dare l'allarme in caso di rischio e prevenire molti disastri.
Probabilmente si tratta di analisi che da sole non spiegano il crollo del ponte Morandi, tuttavia sembrano elementi di riflessione significativi.