Anche su WhatsApp bisognerà fare attenzione a cosa si pubblica sul proprio stato. In particolare, non si potranno pubblicare contenuti offensivi e diffamatori, come ha stabilito la Cassazione. Sulla app di messaggistica, infatti, il contenuto è visibile a molte persone, visto che tutti i contatti presenti sulla rubrica che condividono l'uso della app, di fatto possono vedere i contenuti pubblicati nel proprio profilo. Per questo motivo si può considerare reato di diffamazione, commesso, secondo l'articolo 595 del Codice penale, da "chiunque, comunicando con più persone, offende l'altrui reputazione".
I giudici della Cassazione si sono trovati di fronte al primo caso di questo tipo in Italia quando a finire sotto processo è stato un uomo di Caltanissetta, accusato di aver volontariamente pubblicato una frase offensiva sul proprio stato WhatsApp, rivolta verso una donna, presente tra i contatti e dunque destinataria, tra gli altri, del messaggio. Dopo aver visualizzato lo stato ed aver
riconosciuto in sé stessa l'oggetto degli insulti dell'uomo, lo ha denunciato; egli, in seguito, è stato condannato nei tre gradi di giudizio.
I giudici hanno quindi confermato la decisione presa in primo e secondo grado, infliggendo all'uomo una multa da 3mila euro e spese legali da risarcire. Inoltre, hanno stabilito che "l'uomo non ha limitato la visione della frase offensiva rivolta alla donna, e lo ha fatto consapevolmente, perché se avesse voluto rivolgersi direttamente alla vittima, avrebbe avuto più senso inviarle un messaggio personale".
Davide Fifaco