Pechino si avvale di accordi bilaterali in materia di sicurezza, siglati con i governi ospitanti, per sorvegliare, perseguire e rimpatriare esuli e dissidenti tramite queste stazioni di polizia illegali. Dall'ultima inchiesta di Safeguard Defenders è emersa inoltre la presenza di altre 48 stazioni oltre le 54 identificate a livello globale lo scorso settembre.
Ai "progetti pilota", inaugurati a Roma e Milano, la presenza delle stazioni illegali di polizia cinesi è stata accertata anche a Firenze, Bolzano, Venezia, Prato e in Sicilia.
L'Italia, che a partire dal 2015 ha firmato una serie di accordi di sicurezza bilaterali con la Cina, "è uno dei pochi Paesi europei che non ha pubblicamente annunciato un'indagine" a riguardo né ha dichiarato l'illegalità delle stazioni, si legge ancora nel rapporto della ONG.
Inoltre, tra gli anni 2016-2018, la Polizia di Stato italiana ha condotto diversi pattugliamenti congiunti con le controparti cinesi. I risultati della cooperazione bilaterale sono stati esaminati dagli allora ministri degli Esteri italiano e cinese: in un comunicato le due parti concordavano "sull'opportunità di un rafforzamento ulteriore dei meccanismi esistenti di estradizione, assistenza giudiziaria in materia civile, commerciale e penale, e di una crescente promozione di scambi di esperienze e di buone prassi nel contrasto alla corruzione".
Nelle ultime settimane chiarimenti sulle stazioni di polizia cinesi sono stati richiesti anche dall'opposizione e dalla maggioranza attraverso due interrogazioni parlamentari presentate alla Camera e al Senato, in cui viene evidenziato come l'Italia "sarebbe uno dei pochissimi Paesi al mondo ad aver avviato una collaborazione con le forze di sicurezza cinesi per dei periodici pattugliamenti congiunti sui rispettivi territori".
E. P.