Una centrale ormai obsoleta, costruita su una zona sismica e che va chiusa senza prolungare il funzionamento per altri 20 anni.
Legambiente, l’organizzazione austriaca Global 2000, e quella slovena Focus, hanno contestato l’ipotesi, avanzata dal governo Sloveno, di prolungare per altri 20 anni il funzionamento della centrale nucleare di Krško, che nei piani originali avrebbe dovuto chiudere nel 2023.
Di chiusura però non si parla anzi, anche alla luce dei recenti sviluppi internazionali, sembra prendere corpo l’ipotesi di un raddoppio, un’eventualità però che per le organizzazioni ambientaliste va assolutamente evitata. “Estendere la durata della centrale è un errore sotto vari aspetti – ha detto Andrea Wehrenfennig di Legambiente collegato da Trieste con i rappresentanti delle organizzazioni in Austria e Slovenia -: 60 anni per una centrale non sono pochi, e siamo preoccupati per la passività dei governi, soprattutto sui problemi di sicurezza legati al rischio sismico”. La struttura era stata realizzata nel 1983, quando non era nemmeno evidente il rischio sismico dell’area, un rischio che, per i relatori, sarebbe stato a lungo sottovalutato dalla Slovenia. “Non si può dire - ha aggiunto - che la centrale è sicura perché non ci sono stati incidenti: i rischi ci sono a causa del rischio sismico”
Al centro delle critiche degli ambientalisti la valutazione dell'impatto ambientale transfrontaliero, con cui la Slovenia ha chiesto l’estensione del ciclo di vita della centrale, che utilizzerebbe dati vecchi anche di 18 anni, e creerebbe un’immagine idealizzata del reattore: gli stress test sono stati o posticipati o del tutto cancellati , hanno aggiunto, con una generale sottovalutazione dei rischi. Krško è l’unica centrale nucleare in Europa realizzata in zona sismica, hanno aggiunto, e anche Lubiana ammette che esistono rischi di rottura della vasca e di cedimenti del terreno sottostante.
Da Bruxelles Mauro Albrizio di Legambiente ha anche sottolineato come in questi giorni si stia discutendo il dossier che classifica gli investimenti per l’energia sostenibile, e ci sia un tentativo di etichettare come “sostenibili” anche gli investimenti sul nucleare per ottenere fondi per l’allungamento del ciclo di vita delle centrali.
Da Lubiana Tomislav Tkalec, dell’organizzazione Focus, ha sottolineato come il fondo comune fra Slovenia e Croazia che dovrebbe sostenere la dismissione, non abbia risorse sufficienti neppure per realizzare i depositi per le scorie, e come la valutazione d’impatto ambientale non contenga nemmeno le previsioni su un eventuale disastro nucleare. “È necessario – ha detto – uno studio internazionale sul rischio sismico con dati aggiornati, ma nonostante questo nel paese si parla di realizzare una seconda centrale, con una spesa di 10 miliardi di euro, una cifra al di fuori della capacità della Slovenia, quando invece avremmo bisogno delle rinnovabili”.
Proprio sull’aspetto economico si sono concentrati molti degli interventi: l’energia nucleare è aumentata di costo negli anni, è stato ricordato, diventando, oltre che molto dannosa per l’ambiente, anche poco conveniente rispetto alle rinnovabili, su cui invece bisognerebbe investire, proprio alla luce del momento che stiamo vivendo.
Alessandro Martegani