Si tratta di una questione che in Italia si trascinava da anni, e alla quale il governo, anche a causa delle probabili sanzioni da parte di Bruxelles, ha deciso di mettere mano: tutto risale alla direttiva Bolkestein del 2006, che fra le altre cose imponeva agli stati di bandire delle gare per concedere beni pubblici come le spiagge nazionali.
In Italia queste concessioni venivano rinnovate sistematicamente ai gestori, ma il sistema dava anche luogo ad abusi, come la prassi d’impedire il libero accesso alle spiagge, previsto per legge per tutti i cittadini ma spesso non rispettato dalle società a cui era concessa la gestione del litorale. Spesso fra l’altro i canoni erano irrisori, in un settore che potrebbe in realtà rendere moltissimo visto che l’Italia è un paese con 8 mila chilometri di coste: secondo l’autorità antitrust nel 2019 su quasi 30 mila concessioni demaniali marittime, oltre 21mila hanno versato un canone inferiore a 2500 euro.
La direttiva però non era mai stata applicata in Italia, soprattutto a causa delle resistenze della categoria, con migliaia di gestori che avevano investito senza prevedere la possibilità di perdere la concessione a causa di una gara di assegnazione.
La spinta finale verso l’attuazione della direttiva, inserita nel decreto concorrenza, l’ha data però il Piano di Ripresa e Resilienza, che lega l’erogazione dei fondi anche alla riforma della concorrenza.
Nonostante le resistenze della Lega nella maggioranza, e di Fratelli d’Italia all’opposizione, il governo ha approvato all’unanimità le modifiche alla normativa sulle concessioni, fissando nel 2024 il via alle gare di assegnazione che metteranno in discussione la gestione di tutte le spiagge pubbliche. Pur nel rispetto dei principi di imparzialità, parità di trattamento, massima partecipazione, trasparenza e adeguata pubblicità, per tutelare gli investimenti fatti e le piccole imprese nelle gare saranno favoriti gli imprenditori che nei cinque anni precedenti abbiano utilizzato lo stabilimento come principale fonte di reddito. Si ribadisce anche il rispetto del diritto di accesso al mare gratuito, garantito a tutti. Saranno poi emanati regolamenti per tutelare l’occupazione, prevedendo che chi subentra mantenga i posti di lavoro.
La durata della concessione deve essere stabilita in un periodo non superiore a quanto strettamente necessario per garantire “l'ammortamento e l'equa remunerazione degli investimenti autorizzati”, e c’è il divieto espresso di proroghe e rinnovi automatici.
Una normativa che applica i principi europei, ma che è stata definita un “atto di esproprio” dalla leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni che parla di “un regalo alle multinazionali straniere” e di “rischio di durissime conseguenze economiche e sociali”. I gestori hanno annunciato delle proteste se la normativa non venisse cambiata in Parlamento, linea che sembra essere sposata anche dalla Lega, che ha votato il provvedimento nel Consiglio dei ministri, ma che ha anche già annunciato degli emendamenti.
Alessandro Martegani