Contro quando i 5 Stelle governavano con la Lega, a favore dopo essere entrati al governo, ma con l’impegno di approvare una nuova legge elettorale e una riforma della Costituzione, e ora per il "sì" al referendum sul taglio dei parlamentari, ma solo se ci saranno garanzie e tempi certi sulla legge elettorale e sulle riforme.
Il Pd non esce dalle secche sul taglio dei parlamentari, un provvedimento proposto e voluto fortemente dal Movimento 5 Stelle, ma molto meno dal partito di Nicola Zingaretti, che sembra aver incassato malvolentieri la riforma e ora chiede garanzie per non spaccare il fronte della maggioranza nazionale, già divisa su temi fondamentali a partire dalla candidatura di Virginia Raggi nella corsa per la guida di Roma.
Lo stesso segretario Zingaretti non è stato chiaro sull’atteggiamento che il suo partito assumerà in vista del voto sulla legge che, se confermata, porterà da 945 a 600 i parlamentari: “Sosteniamo da sempre la riduzione del numero dei parlamentari - ha dichiarato al Corriere della Sera –, ma per votare sì e far nascere il governo abbiamo chiesto modifiche circa i regolamenti parlamentari e una nuova legge elettorale: tutta la maggioranza ha sottoscritto questo accordo, ora faccio un appello a finché sia onorato”.
I timori del Pd sono molti: la possibilità che una vittoria al referendum possa rilanciare il Movimento 5 Stelle da mesi in grossa difficoltà, e alimentare il sentimento ostile alla politica tradizionale di cui, piaccia o meno, il Pd è uno degli ultimi simboli nel paese, ma anche il rischio di creare ulteriori divisioni all’interno del partito per una riforma che il Pd non ha mai realmente digerito, anche per la drastica riduzione dei posti disponibili, e non ultimo il rischio di ritrovarsi un sistema istituzionale ingovernabile, con maggioranze diverse fra Camera e Senato.
Sta di fatto che, a poco più di tre settimane dal voto, il principale partito della sinistra Italia non ha una posizione definita, mentre gli alleati dei 5 Stelle puntano decisi al successo della riforma, e a destra Lega e Fratelli d’Italia stanno facendo campagna attiva a favore della riforma.
I dubbi sono anche interni: nel partito cresce l’insofferenza verso un provvedimento che è stato votato pensando più a conservare la maggioranza e il governo che per reale convinzione. Una situazione che sta alimentando una sorta di fronte trasversale, che da Forza Italia attraversa i partiti di centro fino ad arrivare al Pd, dove i sostenitori del no starebbero emergendo.
Alessandro Martegani