Da una parte Giorgia Meloni che si dichiara soddisfatta dai risultati ottenuti dal Consiglio europeo a Bruxelles, dall’altra i suoi ministri che attaccano a testa bassa la BCE accusando la Banca centrale di voler affossare l’Italia e i risparmi degli italiani.
Nonostante le strette di mano della Premier, i rapporti fra il nuovo governo e le istituzioni europee continuano a rimanere ruvidi, e a dimostrarlo è stata l’ultima riunione del board della Banca centrale europea che, accanto a un rialzo dei tassi di mezzo punto per cercare di rallentare l’inflazione, e alla promessa di ulteriori ritocchi a salire nei prossimi mesi, ha anche comunicato una prossima riduzione del volume di titoli di stato acquistati, maggiore rispetto alle attese.
Le parole da falco di Christine Lagarde hanno fatto immediatamente salire lo spread dell’Italia, paese dovrà rifinanziare un altissimo debito in futuro (2500 miliardi di euro) con sempre minor assistenza da parte della BCE, e a Roma non è piaciuto l’accenno della presidente della BCE al fatto che l’Italia sia l’unico paese a non aver ancora ratificato la modifica del MES, il Meccanismo europeo di stabilità, tradizionalmente malvisto dal centro destra.
Il primo ad attaccare è stato il ministro della difesa, e stretto collaborare di Giorgia Meloni, Guido Crosetto. "Non ho capito il regalo di Natale che la presidente Lagarde ha voluto fare all’Italia", ha commentato riguardo la decisione di rialzare i tassi, cosa peraltro ampiamente prevista.
Crosetto ha evidenziato come il rialzo dei tassi abbia fatto perdere valore ai titoli di stato già emessi e in scadenza, dinamica del tutto normale peraltro. Di regola all’aumentare dei tassi si verifica una perdita di valore dei titoli già emessi con un tasso d’interesse minore, perché quelli di nuova emissione saranno più redditizi, e di conseguenza anche un maggiore onere per interessi a carico dello Stato che li emette, ma è anche vero che il rialzo dei tassi è pressocché l’unica arma che al momento le banche centrali hanno per frenare l’inflazione, che non a caso è chiamata anche “tassa sui poveri”, perché sono proprio i cittadini meno ricchi a soffrire la perdita del potere d’acquisto degli stipendi. Dei provvedimenti che sembrano punitivi ora, dovrebbero quindi rivelarsi positivi per il cittadino medio a lungo termine. Si tratta di un difficile equilibrio fra l’esigenza di non deprimere l’economia e aggravare il debito dei paesi da una parte, e cercare di controllare l’inflazione dall’altra.
Una logica che evidentemente non ha convinto i ministri del governo Meloni, come rivelano anche le parole di Matteo Salvini: “E’ incredibile, sconcertante e preoccupante che mentre c’è un governo che sta facendo di tutto per aumentare stipendi e pensioni e tagliare le tasse, la Bce, in un pomeriggio di metà dicembre, approvi una norma che brucia miliardi di euro di risparmi in Italia e in tutta Europa facendo schizzare lo spread“. Il leader leghista ha poi aggiunto che “certe scelte dovrebbero essere meditate e spiegate”, sostenendo che quello della Bce “è un approccio quantomeno discutibile”.
Al netto delle dichiarazioni sui contenuti, che tendono perlomeno a semplificare troppo la questione e non guardano a una prospettiva di medio lungo periodo, il leader della Lega ha però interpretato anche il pensiero di molti operatori ed economisti, che sottolineano da tempo come, al contrario di quanto fa la Fed, che comunica con chiarezza le proprie decisioni e intenzioni, la presidente Lagarde tenda sempre a spiegare con poca chiarezza le intenzioni e le decisioni della BCE, alimentando l’incertezza: un autentico veleno per i mercati azionari e dei titoli di stato.
Alessandro Martegani