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I bambini che vivono nei paesi in guerra sono sotto diretto attacco, utilizzati come scudi umani, uccisi, feriti o reclutati per combattere. Stupro, matrimoni forzati e rapimento sono diventati la normalità nelle tattiche di conflitto dalla Siria allo Yemen, dalla Repubblica Democratica del Congo alla Nigeria, al Sud Sudan, al Myanmar. A lanciare l'allarme è Manuel Fontaine, direttore dei programmi di emergenza Unicef, secondo cui i bambini che vivono in situazioni di conflitto sono fra coloro che hanno meno probabilità di avere i loro diritti garantiti. Il 2019 sarà un anno di importanti traguardi: l'anno prossimo si celebra il 30-esimo anniversario della ratifica della Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza e il 70-esimo anniversario della Convenzione di Ginevra. Nonostante ciò oggi un maggior numero di Paesi è coinvolto in conflitti interni o internazionali più che in ogni altro momento degli ultimi 30 anni. L'Unicef, si legge in un comunicato, chiede alle parti in conflitto di rispettare i loro obblighi secondo il diritto internazionale di porre fine immediatamente alle violazioni contro i bambini e all'utilizzo, come obiettivi, di infrastrutture civili che comprendono scuole, ospedali e infrastrutture idriche. Ma soprattutto lancia un appello affinché gli Stati che hanno un'influenza sulle parti in conflitto utilizzino questa influenza per proteggere i più vulnerabili. "Anche se le guerre continuano, non dobbiamo mai accettare gli attacchi contro i bambini. Altrimenti continueranno a soffrire conseguenze devastanti assieme alle loro famiglie e comunità, ora e negli anni a venire", ha sottolineato Fontaine.