Essere conformisti nella nostra società significa conformarsi alle leggi nazionali, ossia al rispetto delle regole. E quel fenomeno secondo il quale una persona trasforma, adegua il proprio essere secondo usi, opinioni, stili di abbigliamento, comportamenti e modelli politici che sono adottati dalla maggioranza delle persone. Osservarle ci fa sentire protetti, sicuri. Inoltre, seguire la massa ci evita di esporci, ci risparmia la fatica di prendere posizione e così ci evitiamo anche le critiche. Ci si sottrae dal rischio di sbagliare e di avere torto. Al tempo stesso però seguire pedissequamente la massa, ci fa perdere una parte della nostra individualità. E bene quindi in taluni ambiti della vita essere anticonformisti. Ognuno di noi ha la propria personalità, quindi non deve sentirsi in obbligo di seguire mode e così facendo, subire condizionamenti vari.

È uno dei problemi che assilla i giovani. La interpretano come una modalità espressiva che li diversifichi dagli schemi comuni. Per moda o per essere accettati dal gruppo fanno propri stili di vita pericolosi, fatti di serate passate a fumare e bere alcolici, che il più delle volte si trasformano in dipendenze. Ricercando la diversità dalla massa, e uniformandosi con il gruppo non si fa altro che creare una nuova e compatta unità di pensiero opposta alla massa alla quale puntano a sottrarsi, ovvero, creano inconsciamente ma automaticamente un conformismo opposto a quello di partenza.

Pertanto non sempre l’anticonformismo va sostenuto, perché come il conformismo ha dei punti di debolezza. Per i giovani, e gli adolescenti in particolare, è più facile convivere all’interno di un gruppo o di una società essendo conformisti piuttosto che essere anticonformisti, perché la diversità rappresenta sempre un ostacolo.

Corrado Cimador

Foto: Radio Capodistria
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