Donald Trump ha ottenuto il primo, simbolico ma significativo, successo nella sua operazione d’affermazione dell’identità americana. Google, il servizio di mappatura web e navigazione più famoso al mondo, ha infatti deciso di avallare due richieste, più bizzarre che politiche a dire la verità, del Presidente degli Stati Uniti: fra poco sulle mappe di Google il Golfo del Messico, sarà ribattezzato, “Golfo d’America”, così come aveva chiesto durante la campagna elettorale il Tycoon, accanto ad altre iniziative, ben più gravi politicamente, come la possibile invasione di Panama o della Groenlandia.
Come ha fatto sapere Google in un post su “X”, il nuovo nome apparirà non appena il Geographic Names Information System recepirà le modifiche, una procedura che non sarà brevissima.

Il monte McKinley (Foto: Kaja Sajovic)
Il monte McKinley (Foto: Kaja Sajovic)

La novità sarà visibile sono navigando negli Stati Uniti, mentre resterà la dicitura “Golfo del Messico” collegandosi dal Messico, e ci sarà un doppio nome per tutti gli altri paesi. Google, ha riportato il sito Reuters online, in passato ha applicato la stessa regola a molte altre aree con dispute territoriali di denominazione: nel 2006, ad esempio, Google Earth rinominò il tratto di mare tra Giappone e Corea come "East Sea" vicino alla costa coreana e "Sea of Japan" vicino a quella giapponese.

Quella del Golfo non sarà fra l’altro l’unica modifica che Google Maps attuerà dopo l’arrivo alla Casa Bianca di Donald Trump: la vetta più alta del Nord America, il monte Denali in Alaska (nome originale usato dalle popolazioni indigene, attribuito ufficialmente alla montagna nel 2015 dall'amministrazione Obama), ritornerà a essere chiamato “monte McKinley”, dal nome del presidente americano William McKinley, noto soprattutto per aver vinto una campagna elettorale contraddistinta da asprezza, e intensità di toni e proposte (un po’ alla Trump), e per aver vinto la guerra ispano-americana per la presa di Cuba, oltre che per esser stato uno dei quattro presidenti americani assassinati durante il mandato, accanto a Lincoln, Garfield e Kennedy.

Alessandro Martegani