Attesa, ma senza troppo ottimismo su una rapida discesa dell’inflazione. Sembra essere questa l’aria che si respira negli uffici agli ultimi piani delle principali banche centrali del vecchio continente.
L’ultima decisione in ordine di tempo è stata quella della Bank of England, che ha lasciato invariati i tassi d'interesse al 5,25 per cento, dopo 14 rialzi consecutivi.
Si è trattato di una decisione che ha un po’ sorpreso gli osservatori, che si attendevano un nuovo ritocco verso l’alto dopo l’ultimo rialzo dello 0,25 per cento deciso dalla BCE la scorsa settimana, e la linea della Fed, che ha appena confermato i tassi attuali, ma sottolinenado come la linea di rigore continuerà a lungo e non sia escluso un ulteriore rialzo se i dati sull’inflazione non scendessero come previso e desiderato.
A far pendere la bilancia dal lato dell’attesa, una decisione presa però a maggioranza dal board della banca, sono stati dati sull’inflazione, scesa in Gran Bretagna. La mossa della BoE offre in ogni caso un po’ di respiro ai titolari di mutui a tasso variabile e a chi ha bisogno di finanziarsi sui mercati, e fa pensare che il livello attuale del costo del denaro in Gran Bretagna possa aver raggiunto il picco.
Poche ore prima altre banche europee avevano assunto decisioni sui tassi: le banche centrali di Svezia e Norvegia avevano aumentato il costo del denaro, mentre a sorpresa la Banca centrale svizzera ha seguito la linea attendista. Uno scenario che conferma l’incertezza sul futuro dell’inflazione e ha determinato segni negativi su tutte le piazze europee e in gran parte dei mercati finanziari del mondo.
Logica inversa invece fra i paesi cosiddetti “emergenti”, con la Cina che ha bisogno di rilanciare la propria economia, e la Banca centrale brasiliana che, a fronte del boom della produzione agricola, ha tagliato il tasso d’interesse di riferimento di mezzo punto percentuale.
Alessandro Martegani
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