Da buona notizia per l’economia globale, a potenziale rischio per la sicurezza sanitaria. Sono due aspetti della tanto attesa quanto repentina riduzione delle restrizioni sanitarie in Cina.
Pechino, dopo due anni di politica “zero Covid”, con blocchi di intere città da milioni di persone, isolamenti forzati e anche proteste di piazza negli ultimi due mesi, ha annunciato un deciso allentamento del regime di restrizioni che, oltre a pesare sulla vita dei cittadini, stava anche mettendo in crisi l’economia mondiale che, piaccia o meno, dipende dalle manifatture e dalle infrastrutture di trasporto di quella che è ancora la fabbrica del mondo.
Sta di fatto che Pechino ha deciso di voltare pagina, ma con dati sulla pandemia che non sono molto incoraggianti e hanno fatto immediatamente temere conseguenze ai paesi europei e occidentali che sono usciti dall’incubo solo da qualche mese. Si parla di oltre un milione di nuovi casi e almeno 5 mila morti al giorno, sia pur su una popolazione di un miliardo e mezzo di persone, al netto dell’attendibilità dei numeri che giungono dalle istituzioni cinesi, che hanno anche annunciato lo stop alla diffusione dei dati qualche giorno fa.
Immediati sono scattati gli allarmi degli epidemiologi che paventano nuove e pericolose varianti dalla circolazione del virus proveniente dalla Cina, anche perché proprio l’8 gennaio finirà l’obbligo di quarantena per chi arriva dalla Cina, pochi giorni prima del Capodanno cinese, la festa che spingerà milioni di persone a mettersi in viaggio per riunirsi a familiari e amici dopo quasi tre anni in cui non erano consentiti i viaggi. Già nelle 24 ore successive all’annuncio della fine dal blocco degli spostamenti i siti che si occupano di viaggi hanno registrato un’impennata di accessi e prenotazioni, in particolare verso India, Hong Kong, Macao e Giappone.
Non mancano le prime contromisure: in Italia la regione Lombardia, che accoglie quasi un quarto dell’intera comunità cinese in Italia, ha disposto un tampone molecolare per i passeggeri in arrivo dalla Cina fino al 30 gennaio, anche se la misura non è obbligatoria e, fanno sapere dalla regione, serve anche ad accertare i tipi di varianti Covid di chi arriva dal Paese asiatico. Misure di difesa dal virus sono state decise anche in paesi come Giappone e India, dove i tamponi sono però obbligatori e anche Washington sta valutando nuove misure di prevenzione.
Alessandro Martegani