Il ministro della Difesa russo, Sergei Shoigu, rivendica l'avanzata delle forze militari di Mosca nella zona di Artyomovsk, vale a dire Bakhmut in russo, e di Vuhledar, nella regione di Donetsk, dove l'offensiva «si sta sviluppando con successo». I soldati russi, ha sottolineato Shojgu in un raro intervento di aggiornamento della situazione sul campo, continuano a «macinare» le armi fornite dall'Occidente sia sulla linea del fronte che lungo le linee di rifornimento, e al contempo ha denunciato che i rifornimenti di armi da parte dei Paesi della Nato può provocare una «escalation imprevedibile».
La visione di Mosca, infatti, è che gli Stati Uniti e i suoi alleati «stanno cercando di prolungare il conflitto il più possibile. Per questo forniscono armi pesanti offensive e chiedono all'Ucraina apertamente di conquistare territorio russo». Ma il Cremlino non intende indietreggiare, tanto che ha fatto sapere di aver «liberato» sette località, inclusa Soledar, con perdite tra le forze armate ucraine che solo a gennaio sono ammontate a più di 6.500 soldati e 26 aerei da combattimento, oltre a 341 carri armati e altri mezzi corazzati da combattimento.
Se l'Occidente è colpevole di provocare un'escalation, è la posizione di Shojgu, non tutto il fronte europeo è compatto. In preparazione del vertice straordinario dei leader europei in programma giovedì e venerdì prossimo, durante una videoconferenza tra il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, e i premier di Ungheria, Polonia, Belgio, Finlandia, Malta, e Bulgaria si è discusso della "guerra in Ucraina, delle difficoltà economiche in Europa e dell'immigrazione clandestina". E spicca la posizione del premier magiaro, Viktor Orban, che ha nuovamente chiesto un cessate il fuoco immediato e colloqui di pace, nonché un dibattito politico sostanziale sulle sanzioni di Bruxelles, che secondo Budpaest stanno distruggendo l'economia europea.
Valerio Fabbri