La dichiarazione del presidente, Yoon Suk-yeol, della legge marziale in Corea del Sud, per la prima volta dopo più di 40 anni, ha gettato il paese nella più grande crisi della sua storia moderna e ha colto di sorpresa i suoi alleati in tutto il mondo. Gli Stati Uniti, che hanno quasi 30.000 soldati di stanza in Corea del Sud, inizialmente hanno espresso grande preoccupazione.
Una mossa che per il capo dello Stato avrà certamente delle conseguenze. I suoi collaboratori più stretti hanno infatti già offerto le proprie dimissioni in massa e molti ora chiedono a Yoon di fare lo stesso. Tra questi anche il Partito Democratico, il maggiore partito d'opposizione, i cui deputati, per far revocare la legge marziale, hanno dovuto saltare il recinto del parlamento e scontrarsi con le forze di sicurezza. Hanno inoltre annunciato che accuseranno il presidente, i ministri della Difesa e degli Interni, nonché gli altri rappresentanti dell'esercito coinvolti nella dichiarazione della legge marziale, di insurrezione. Il capo dicastero della Difesa intanto ha rassegnato le sue dimissioni.
Il Partito Democratico, insieme ad altri cinque partiti minori dell'opposizione, ha comunque già presentato al Parlamento la proposta di una mozione di sfiducia nei confronti del presidente. I deputati sud-coreani dovrebbero discutere a riguardo domani, la decisione potrebbe quindi arrivare venerdì o sabato. A firmare la proposta 191 deputati su un totale di 300; affinché la proposta passi, però, è necessaria la maggioranza di due terzi. La decisione finale spetta, in ogni modo, alla Corte costituzionale.
Anche il suo stesso Partito Potere al Popolo ha criticato le azioni di Yoon e ha poi chiesto che le persone coinvolte si prendano le proprie responsabilità.
La federazione sindacale centrale del paese ha indetto uno sciopero generale fino alle dimissioni del presidente. Tra i manifestanti, ieri, si sono udite richieste di arresto.