Il premier, Robert Golob, insieme alla sua compagna, Tina Gaber. Foto: BoBo
Il premier, Robert Golob, insieme alla sua compagna, Tina Gaber. Foto: BoBo

L'attualità politica di tutte le democrazie sviluppate molto spesso esce dai canali tradizionali del dibattito pubblico, e al contrario ogni giorno ci bombarda di contenuti social molto spesso poveri di sostanza e ricchi di provocazioni anche gratuite. In quest'ultima settimana in Slovenia se ne sono viste di ogni colore. Video di pochi minuti con bambole voodoo e dossier di ex fidanzate, i consigli del primo ministro, Robert Golob, sulle pulizie domestiche del fine settimana, accuse incrociate sulla formazione di un nuovo partito e un'asta di oggetti dell'epoca dell'indipendenza. E spesso è stato proprio il premier a prestarsi, anche tramite la sua compagna, a questo abisso nel quale sembriamo essere ormai caduti, un continuo rimando al privato nella sfera pubblica, che nulla ha a che vedere con la ricerca di idee e di sinergie, compito principale della politica e di una democrazia sana. Da un lato, questo lascia immaginare che è in corso un rompete le righe in vista di elezioni anticipate. Dall'altro, sembra che ci si rifugi in una realtà controllabile e gestibile, almeno in teoria. Ma anche sui social le dinamiche sono simili. Dopo che Janša ha messo all'asta delle divise militari per auto-finanziarsi le spese legali, Tina Gaber, la compagna del primo ministro, ha pubblicato un video in cui offriva a Janša una bambola voodoo con l'immagine di Golob. A rispondere sono stati i giovani dell'SDS, con un video dove leggevano la lunga lista degli ex di Gaber, preparando lo spazio per quando il premier non sarà più rilevante. Il ricorso sfrenato ai social di questi tempi quasi fa rimpiangere l'utilizzo che ne faceva l'ex presidente della Repubblica Borut Pahor, quando venne definito il presidente di Instagram per alcuni post che, rivisti oggi, sono molto più istituzionali di quanto vennero percepiti allora.

Valerio Fabbri