Si avvicina l'incontro tra il ministro degli Esteri sloveno, Anže Logar e quello italiano Luigi Di Maio. Intanto notizie contradittorie vengono dall'Italia sull'apertura dei suoi confini, i cittadini sloveni ed anche quelli italiani residenti all'estero dovrebbero poter rientrare senza limitazioni il 3 giugno; mentre per l’entrata in Slovenia senza limitazioni da parte dei cittadini italiani non se ne sa ancora nulla. La prossima settimana sono in programma colloqui anche tra i responsabili dei degli istituti che si occupano di sanità dei due paesi.
Sta di fatto che i due stati in questo periodo non si sono parlati o quasi. Lubiana ha dialogato moltissimo con Zagabria e per varare i suoi provvedimenti contro la pandemia ha guardato principalmente all'Austria. Intanto il confine con l'Italia se non chiuso ci è mancato poco ad esserlo, mentre una serie di episodi presi in queste settimane rischiano di avvelenare il clima tra i due paesi. Ma cosa sta succedendo? Per l'ex ambasciatore sloveno a Roma, Iztok Mirošič, bisogna tener conto che “con la pandemia si è registrata una situazione straordinaria che ha rovinato quasi tutte le relazioni tra i paesi vicini e in genere tra gli stati in Europa. Questo ovviamente, soprattutto a causa della situazione epidemiologica in Italia, che si riflette anche nelle relazioni tra Lubiana e Roma”.
“Ho assistito con tristezza alla chiusura di quelli che erano confini aperti”- precisa Mirošič. “Un dolore” – dice il diplomatico- “non soltanto perchè mia moglie vive a Roma e io spesso viaggio tra Lubiana e Roma, ma soprattutto per il fatto che come ambasciatore in Italia ho messo tantissime energie per costruire relazioni di buon vicinato, non soltanto a parole, ma anche lavorando sul territorio per un confine aperto. Io ho visto questa chiusura come una nuova cortina di ferro. È la prima volta tra i nostri popoli che il confine è stato quasi completamente chiuso. È rimasto aperto per le merci, ma per i rapporti tra le persone ovviamente è stato chiuso. Noi abbiamo ripreso, grazie a Dio, il dialogo per riaprire i confini con la Croazia e con l’Ungheria e speriamo che questo diventi al più presto realtà. Già durante la crisi ho avvertito il nostro ministro che nei rapporti con l’Italia oggi dobbiamo pensare a domani. L’Italia è il terzo paese più importante d’Europa; con la Slovenia ha uno scambio di 7-8 miliardi di euro e flussi turistici enormi. Dobbiamo dialogare e dobbiamo coordinare le cose per quanto riguarda il confine con Roma, ma soprattutto anche con il Friuli - Venezia Giulia dove vive la minoranza slovena, mente in Slovenia, dove le misure sono state anche drastiche, vive la minoranza italiana. Dobbiamo stare molto attenti alla posizione delle minoranze che probabilmente soffrono di più per la chiusura del confine”.
Molto spesso si parla del ruolo delle minoranze, lo si fa anche negli incontri bilaterali, questa volta nessuno sembra essersi occupato di loro.
“Dobbiamo tener conto che ci si è trovati in una situazione straordinaria e, vista la mancanza di misure coordinate a livello europeo, il primo scopo di ogni paese è stato quello di proteggere i propri cittadini. Possiamo quindi capire che gli stati hanno preso le misure necessarie per salvare la salute dei propri cittadini; però lei ha ragione, le minoranze dovevano essere prese maggiormente in considerazione. Questo è stato anche il mio appello al governo e al ministro degli esteri. I rapporti tra gli stati vicini sono molto delicati, ma i rapporti delle minoranze sono ancora più delicati. Dal 13 luglio 2010, con il concerto dei tre presidenti abbiamo cominciato un processo riconciliazione tra Slovenia, Italia e anche Croazia, dove al centro del processo erano e sono ancora le minoranze. A un certo punto con queste misure contro la pandemia gli stati hanno perso di vista le minoranze, ma ripeto ancora una volta: abbiamo avuto una situazione straordinaria e misure straordinarie sono state prese, adesso dobbiamo sfruttare il periodo dopo la pandemia per rinnovare il dialogo e la fiducia tra i due stati, per rinvigorire la convivenza al confine. Mi pare che si debbano fare più sforzi per migliorare questa delicata convivenza. Qui vedo due importantissimi incontri, quello in programma tra i ministri degli esteri, ma soprattutto tra il presidente sloveno ed italiano che si terrà a luglio nel centenario dell’incendio del Narodni dom”.
Gli unici che si stanno preoccupando della chiusura del confine, però, sono gli abitanti del goriziano, che si fanno beffe di quella rete posta in piazza della Transalpina giocando a pallavolo, chiamando i pompieri a fare l’arcobaleno e incontrandosi a ridosso della rete. Da Sesana a Capodistria, invece, vengono appelli alla grande cautela nell’apertura del confine. A Lubiana la priorità sembra essere l’area Balcanica ed ex area austroungarica, mentre gli italiani sembrano essere visti come potenziali untori.
“Anche a me tutto sembra un po’ surreale. Capisco le preoccupazioni, ma non condivido tutto quello che è stato fatto, anche da alcuni sindaci dalla parte slovena che hanno bloccato le stradine con le pietre e non condivido nemmeno la divisione della città con le reti. Posso comprenderlo alla luce delle misure straordinarie, ma non lo condivido. Il focus della politica estera slovena è stato concentrato verso l’Europa centrale e sui rapporti con la Croazia e forse troppo poco in quelli con l’Italia. Il mio desiderio ed il mio consiglio e che da questi incontri tra i ministri ed i presidenti si riesca a riportare tutto a livello di prima. Dobbiamo però arrivare ad un coordinamento più efficace tra i nostri due paesi. L’Italia è un partner economico e politico molto importante per la Slovenia, ma oltre ai rapporti bilaterali dobbiamo cercare soluzioni a livello europeo. Qui condivido l’opinione del ministro degli esteri italiano Luigi Di Maio che ha detto che Roma vuole trovare la soluzione sui confini a livello europeo. La cosa andrà forse più lentamente, ma a me sembra che adesso in Europa sia scoppiata quella che io chiamo la guerra per i turisti. Mi pare che soprattutto l’Austria, con le sue misure, forse usa troppa cautela per l’apertura dei confini con Slovenia ed Italia. Condivido anche l’opinione che con questa epidemia siano emersi anche in Slovenia tanti pregiudizi contro gli italiani. L’Italia si è trovata in una situazione molto difficile, ma va detto che non è vero che gli italiani non hanno rispettato le regole. In realtà le misure sono state rispettate severamente dagli italiani. I pregiudizi però si sono manifestati e il compito di noi diplomatici è quello di combatterli”.
Del resto quando si è parlato dell’epidemia una delle frasi ricorrenti era quella che si voleva evitare lo scenario italiano e molto spesso subito dopo si aggiungeva che proprio per questo era stata presa una misura che tre giorni prima era stata adottata dall’Austria.
“La Slovenia, così almeno mi è sembrato, ha seguito le misure che stava prendendo l’Austria. Del resto, Lubiana è stata per secoli legata a Vienna e quindi la mentalità di gran parte del paese è più incline al Austria che all’Italia. Lo scenario italiano del resto è molto pesante ed evocarlo poteva servire ad incutere timore nei cittadini. Anche per buoni motivi creare pregiudizi però non è accettabile”.
L’Ambasciatore sloveno a Roma se l’è presa molto con il Primorski dnevnik per quell’articolo sul presunto soldato che avrebbe fermato una coppia che passeggiava lungo il confine
“Per me è difficile commentare quanto detto dall’Ambasciatore, l’inchiesta al momento non è chiusa. L’esercito non è coinvolto nella vicenda e la polizia sta indagando. Tutti questi possibili eventi che non portano buone notizie dal confine- in un momento in cui sia italiani sia sloveni hanno sofferto tantissimo a causa della pandemia- sono molto pericolosi e io non li prenderei così alla leggera. Dobbiamo veramente tentare di sviluppare i rapporti tra i nostri due popoli - che hanno avuto un passato travagliato- e svilupparli in un modo europeo. Anche se la fiducia degli italiani nell’Unione europea sta calando, ma io non vedo alternative nei rapporti se non quello condiviso nell’Unione Europea”.
Questi due mesi di rapporti inesistenti, le polemiche sulla gestione delle frontiere, lasceranno degli strascichi? A pagare rischiano di essere le minoranze che hanno bisogno di rapporti bilaterali distesi.
“Io spero di no, ma dobbiamo lavorare con una forza maggiore. Quando io era a Roma abbiamo fatto un tavolo di lavoro per le minoranze, che sta lavorando molto bene. Dobbiamo riprendere al più presto possibile le riunioni dei comitati dei ministri dei due paesi e abbiamo un comitato congiunto Slovenia - Friuli Venezia Giulia che andrebbe attivato al più presto possibile. Se il dialogo si ferma i danni saranno più grandi. Il dialogo tra vicini come Slovenia ed Italia non si deve fermare mai più, così come accaduto durante la pandemia. Tutto dipende da noi: dagli sloveni, dagli italiani ed anche dai diplomatici”.
Stefano Lusa