Nodo del contendere il tetto salariale, fissato nella cinquqntasettesima categoria, che non potendo essere superata di fatto congela le paghe più alte e vanifica le differenze tra i dipendenti pubblici più pagati, rendendo inutili gli avanzamenti lineari previsti per legge.
In ogni modo, ora il governo vorrebbe cancellare le limitazioni, ma i sindacati ribattono che è necessario superare prima la compressione nella parte bassa del sistema retributivo dei dipendenti pubblici. Alla fine, il documento, frutto di una lunga concertazione tra governo e sindacati, potrebbe non venir firmato da tutte le sigle.
Secondo l’intesa sin qui raggiunta, nei prossimi due anni è previsto un aumento delle paghe del 8,5%, un incremento della tredicesima per le categorie fino alla cinquantesima e l’aumento del valore dei buoni pasto per tutti.
Intanto proseguono le trattative anche con i sindacati dei medici che da tempo premono per uscire dal sistema salariale che regola il pubblico impiego. Il ministro della Sanità, Danijel Bešič Loredan ha detto, al termine dell'incontro che una simile soluzione non è accettabile, ma ha anche precisato che il governo è disposto a trattare. Concessioni potrebbero esser fatte per quanto riguarda la retribuzione dei medici ad inizio carriera, ma il messaggio lanciato è che il comparto sanità va regolato in maniera unitaria. Il riferimento è ai paramedici.
Protestano anche i pensionati che hanno invitato il governo a tenersi i 5 euro di aumento della tredicesima previsti con la nuova legge di bilancio. La minaccia è quella di ricorrere alla Corte Costituzionale per far rispettare i dettami della legge che regola l’erogazione delle pensioni.
Stefano Lusa