Il 26 dicembre del 1990 venivano proclamati in Slovenia i risultati del referendum sull'indipendenza che sancirono il disacco dalla ex federazione jugoslava con l'88,4 per cento degli aventi diritto che votarono per l'indipendenza. L'affluenza registrata fu da record, ben il 93,2 per cento degli aventi diritto si recarono alle urne, mentre come detto la grande maggioranza votò per il distacco da Belgrado. Le pluriennali spinte secessionistiche furono motivate anche dagli ottimi risultati economici del paese ma anche dalla volontà politica di abbandonare il regime socialista e passare a quello democratico. Il processo venne facilitato anche dalle spinte centralistiche e panserbe di Slobodan Milošević, sempre più pressanti e ritenute inaccettabili dai dirigenti politici sloveni. I comunisti sloveni abbandonarono nel gennaio di quel anno il congresso federale. Tale gesto segno l'inizio della fine. Nell'aprile del 1990 si svolsero le prime elezioni democratiche alle quali trionfò la coalizione Demos, l'opposizione democratica della Slovenia, guidata da Jože Pučnik. Il 25 giugno del 1991 in base al risultato plebiscitario fu proclamata l'indipendenza. Ne seguì la guerra dei dieci giorni, il conflitto armato che coinvolse la Slovenia e la Repubblica socialista federale di Jugoslavia la quale impegno l'armata nel tentativo di ripristinare la sovranità federale. Il 23 dicembre dello stesso anno veniva adottata la nuova costituzione della Slovenia, mentre l'anno successivo, nel 92 la Slovenia era già uno stato riconosciuto e nel maggio dello stesso anno diventava il 176 esimo paese membro delle Nazioni Unite.

Dionizij Botter

 Foto: BoBo
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