Quarantenati in esilio. Questo il sentimento dominante tra gli italiani a Lubiana. Ci si sente isolati, impotenti e tristi nel vedere in ginocchio un paese al quale si sente comunque di appartenere. Ci si preoccupa per sé stessi, i propri cari, la comunità di accoglienza e il futuro, specie i liberi professionisti.
Al di là delle battute scherzose, episodi di stigmatizzazione o discriminazione in città non sembrano verosimili. Anzi, sovente, capita di ricevere messaggi di sostegno e preoccupazione: la nazionalità non è quindi un requisito fondamentale all'integrazione.
Tornare o rimanere? Al di la delle difficoltà logistiche, è un dilemma sentito: intraprendere un viaggio potrebbe infatti significare infettarsi o infettare. Pesa non sapere quando si potranno riabbracciare i propri cari, con i quali ci si sente regolarmente.
Questo virus è riuscito comunque a indurre molti italiani a richiamare molti stranieri sull'importanza del senso civico, di anteporre il bene della comunità al proprio egoismo arrivando a citare fonti scientifiche. Al netto del fastidio dovuto a chi esce per futili motivi, ci si commuove nel vedere unito un paese che di solito espone il tricolore solo se la nazionale di calcio vince qualcosa di importante. Vista dall'estero, l'Italia può sembrare una splendida foresta, ci si dispiace nel vedere chi ci abita sbatta continuamente sugli alberi.
Ci si commuove anche nel vedere i flashmob canori e musicali dai balconi. Perché italianità vuol dire anche avere la capacità di sorridere nei momenti più bui. Non significa non rispettare il dramma di chi soffre e muore negli ospedali, intubato, lontano dall'affetto dei propri cari. Ma significa che la vita, nonostante tutto, va avanti.
Ecco, nonostante tutto, tanti italiani a Lubiana hanno bisogno proprio di questo: di leggerezza, di distrarsi e di sorridere.
Antonio Saccone