Branko Grims, uno degli uomini più in vista del partito Democratico, commentando la sconfitta incassata sul fronte referendario, ha attribuito la vittoria dei tre Sì alla "manipolazione e all’inganno perpetrato dai media", che invece che sui contenuti avrebbero spostato il dibattito su “l’ideologia e i pregiudizi personali” di alcuni, evitando così di trattare ciò che sarebbe “stato meglio” per i cittadini e “per i loro portafogli”. "E poi non c'è da stupirsi se la situazione in Slovenia sia sempre più simile a quella della Germania del 1933", avrebbe concluso; tirando un paragone che non ha lasciato indifferente l’ambasciata tedesca a Lubiana, che ha deciso di intervenire commentando queste ultime parole.
Visto che in quanto tedeschi sul tema “ne sanno qualcosa”, i rappresentanti di Berlino in terra slovena hanno voluto ricordare alcuni eventi accaduti in quell’anno. Per prima cosa, nel 1933, subito dopo la presa del potere, Adolf Hitler annunciò di voler germanizzare l'Europa orientale, e iniziò a costruire “il primo campo di concentramento a Dachau, nel quale in seguito morirono 41.500 prigionieri". Nello stesso anno, si ricorda, in Germania venne emanata una legge che cancellò la separazione dei poteri, furono aboliti gran parte dei diritti fondamentali, boicottate le imprese ebraiche e banditi i sindacati.
“Siamo felici” invece di notare che "la Slovenia, è saldamente ancorata all'Unione europea (UE), dove tutti possono esprimere liberamente la propria opinione, scegliere tra un'ampia gamma di partiti alle elezioni, scegliere liberamente la propria religione, votare nei referendum senza pressioni e paura, e sulla base di informazioni liberamente disponibili” hanno commentato in conclusione sottolineando che quindi la Slovenia di oggi non gli sembra proprio avere “nulla a che fare con la Germania nel 1933”. Hanno infine denunciato la pericolosità di questo tipo di similitudini che a loro dire “non sono solo infondate, ma anche pericolose” perché sminuiscono gli eventi che seguirono la presa di potere da parte del nazionalsocialismo.
Barbara Costamagna