La dottoressa Maja Remškar, capo del Centro di microscopia e rilevamento di nanoparticelle presso l'istituto 'Jožef Stefan', ha spiegato alla STA che da marzo sono state pubblicate 67 relazioni sui test condotti su 150 mascherine protettive diverse per struttura e materiali. I risultati sono stati molto eterogenei.

Per le maschere FFP3 utilizzate nelle strutture sanitarie, è stata costatata l'efficienza del 97%, percentuale che sale al 99,9% se si considera solo il materiale con il quale sono costruite. Le maschere FFP2 sono utili dal 49 al 75%, mentre il loro materiale di produzione è valido dal 90 al 100 per cento.

L'efficacia di filtrazione invece delle varie maschere chirurgiche varia dal 77 all'81 per cento e quella dei loro materiali rispettivamente dal 91 e 99,5 percento. "I materiali polimerici sotto forma di non tessuti, che costituiscono la componente filtrante delle maschere FFP e delle maschere chirurgiche”, però ha spiegato la dottoressa Remškar, “hanno una carica protettiva che viene persa durante la sterilizzazione di tali maschere con etanolo o con il lavaggio, riducendo così l'efficienza e la protezione della filtrazione”.

Le maschere lavabili in tessuto elasticizzato sono efficaci solo al 30%, mentre quelle in seta artificiale al 19%. Per quanto riguarda i prodotti in cotone la capacità di filtrare varia di molto in base al materiale utilizzato. Si va da un 25% del tessuto tetra a due strati all’ottanta per cento del popeline. In ogni caso per garantire l'efficienza di filtrazione è molto importante la densità di tessitura, che è tanto migliore quanto più i fori del tessuto sono piccoli.

La più inutile di tutti i presidi di protezione, infine, risulta essere la visiera di plastica la cui efficacia è del 16%.

Barbara Costamagna

Foto: Reuters
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