La Corte costituzionale ha cancellato il divieto per le coppie dello stesso sesso di sposarsi e di adottare figli. La sentenza è arrivata dopo un lungo iter che ha visto i ricorrenti passare attraverso tutti i gradi di giudizio. I giudici hanno ingiunto al parlamento di modificare la legislazione in materia entro sei mesi, ma la sentenza potrebbe trovare anche applicazione immediata, come è accaduto tempo fa in materia di eredità. Si tratta di una delle più importanti battaglie vinte dal movimento LGBT. Vengono così cancellate due di quelle che gli attivisti consideravano le discriminazioni più evidenti. La terza riguarda il diritto alla fecondazione assistita per le coppie dello stesso sesso e le single.
La battaglia per l’eguaglianza di fatto dura da decenni. La prima legge in materia di unioni tra persone dello stesso sesso è arrivata nel 2006, dieci anni più tardi una nuova normativa le ha equiparate quasi al matrimonio. Ora il tribunale ha stabilito che la legislazione in materia è discriminatoria e che un simile ordinamento non è giustificabile con rimandi ai valori tradizionali ed alla famiglia. I giudici precisano che la sentenza non sminuisce il valore del matrimonio tra uomo e donna, ma semplicemente consente anche a persone dello stesso sesso di sposarsi fra loro. Quest’ultime quindi avranno gli stessi diritti degli altri, compreso quello di chiedere in adozione bambini. Al momento in Slovenia, nelle coppie LGBT, era consentito l’adozione del figlio naturale del proprio partner. Secondo il parere del tribunale il divieto assoluto di adozione per le coppie LGBT non può essere motivato con l’interesse del bambino, che invece potrà essere stabilito dagli organismi competenti che saranno chiamati a scegliere tra tutti quelli che presenteranno formale richiesta. In parole povere la sentenza non da automaticamente il diritto alle coppie LGBT di adottare un bambino, ma consente loro di mettersi in lista insieme alle coppie eterosessuali, dopodiché saranno i servizi sociali ed il tribunale a decidere a chi affidare effettivamente il bambino in adozione.
Stefano Lusa