I paesi della regione, la commissione europea e l'agenzia Frontex dovrebbero impegnarsi di più, avverte il segretario di stato agli interni, Boštjan Šefic. Siamo comunque ancora in grado di controllare gli eventi, ha rassicurato. Non si parla di cifre imponenti come nel 2015, con la crisi migratoria all'apice, quando sulle isole della Grecia arrivavano circa 13 mila persone al giorno, ma nell'area balcanica sono presenti al momento da 45 mila a 60 mila migranti. Sono in prevalenza profughi provenienti da Siria e Nord Africa che, oltre alla rotta classica dalla Grecia, attraverso Macedonia, Serbia e Croazia, cercano di arrivare in Slovenia utilizzandone due alternative, che scorrono più a sud e che coinvolgono Albania, Bosnia-Erzegovina e Montenegro e che sono meno controllate. La maggior parte dei migranti tenta di raggiungere almeno la Slovenia, spiega Šefic, per entrare cioè nell'area Schengen; circa l'80 percento di quanti hanno varcato clandestinamente il confine ha chiesto protezione internazionale alle autorità slovene. Attualmente si registrano circa 50 arrivi al giorno; tra le fascie confinarie più oberate, quella da Ilirska Bistrica verso Capodistria. Un ulteriore problema, aggiunge Šefic, è rappresentato dalla decisione della Serbia di liberalizzare il sistema dei visti con l'Iran e con alcuni paesi dell'Africa, il che permette ai loro cittadini di arrivare regolarmente in Europa, in prevalenza utilizzando linee aeree. Secono informazioni ufficiose, da fine aprile almeno 2 mila cittadini iraniani non hanno fatto ritorno in patria.