Non piace agli Stati Uniti, che nemmeno hanno collaborato alla sua stesura, a Ungheria e a Austria in Europa, il Patto globale dell'Onu per le migrazioni a cui hanno aderito - nel settembre 2017 - oltre 190 Paesi e che entrerà in vigore a dicembre con la firma prevista al summit di Marrakech. Anche in Slovenia si è aperto un dibattito se sia il caso di confermare l'appoggio al documento. Il Partito democratico chiede una sessione straordinaria del Parlamento per respingere l'accordo. Sulla stessa linea Nuova Slovenia e Partito Nazionale. Il Partito del centro moderno sostiene a sua volta che l'appoggio va rivalutato in virtù delle mutate condizioni. Il ministro degli esteri Cerar è del parere che il nuovo governo dovrebbe assumere una posizione appropriata. Secondo Cerar è necessaria una profonda riflessione all'interno della coalizione di governo; la Slovenia, dice Cerar, deve rimanere un paese sicuro e tale da impedire l'arrivo di migranti illegali, accogliendo soltanto quanti soddisfano i requisiti per la tutela internazionale. Propenso alla conferma del Patto Onu invece il premier Marjan Šarec secondo il quale il documento è più che altro una dichiarazione di principio, non vincolante. A suo tempo il documento è stato sostenuto da tutta l'Unione Europea, ad eccezione dell'Ungheria. Successivamente però anche l'Austria ha preso le distanze e la Polonia ha annunciato che potrebbe unirsi ai paesi contrari. In concreto, il patto per le migrazioni, prevede la protezione dei diritti dei rifugiati e dei migranti, indipendentemente dallo status, e combatte il traffico di esseri umani e la xenofobia. E ancora, impegna i firmatari a lavorare per porre fine alla pratica della detenzione di bambini allo scopo di determinare il loro status migratorio; limita al massimo le detenzioni dei migranti per stabilire le loro condizioni, migliora l'erogazione dell'assistenza umanitaria e di sviluppo ai Paesi più colpiti. Facilita anche il cambiamento di status dei migranti irregolari in regolari, il ricongiungimento familiare, punta a migliorare l'inclusione nel mercato del lavoro, l'accesso al sistema sanitario e all'istruzione superiore e ad una serie di agevolazioni nei Paesi di approdo.