Sarà presentato venerdì prossimo a Caporetto il libro "Rojaki: Mezzo secolo di collaborazione tra gli sloveni delle Valli del Natisone e dell'Alto isontino".
Nel testo, scritto da Giorgio Bànchig, Zdravko Likar ed Ezio Gòsgnak, si ripercorrono 50 anni dell'incontro, divenuto ormai una consuetudine, fra le comunità slovene dell’area.
Ne parliamo con Igor Jelen, professore di geografia politica ed economica dell'università di Trieste, che presenterà il testo.
Questo libro - dice - ha molti pregi, tra cui il fatto di far conoscere questo incontro periodico, che si svolge all'inizio di ogni anno, una testimonianza di come, in tutto questo nostro spazio tra l'altro Adriatico e l'Europa centrale, sia possibile avviare relazioni di solidarietà, di amicizia e di collaborazione, al di là dei confini o delle altre barriere che occasionalmente la storia e la geografia frappongono tra le popolazioni locali”.
Una tradizione che dura da 50 anni…
“Il libro sottolinea proprio il fatto che è da mezzo secolo che si svolgono questi incontri tra le due sponde, tra Natisone e Isonzo. È una tradizione che era partita in un'altra epoca, geologica saremmo tentati di dire, piuttosto che geografica e politica, come una semplice consuetudine, una semplice occasione d’incontro tra vicini di paese, di valle. Ci si trova all'inizio dell'anno per farsi gli auguri: una volta appartenevamo a sistemi diversi, non solo a paesi diversi e nazioni diverse. Era una cosa cominciata così, come una normale occasione di ritrovo, senza un particolare significato: forse proprio per questo, perché era un'iniziativa sottotraccia, senza grandi significati, ha poi avuto un notevole successo”.
“Oggi ci ritroviamo in centinaia, forse migliaia, abbiamo dovuto anche adeguare gli spazi, trovare un auditorium anche considerando la stagione, e a Caporetto o a Tolmino è difficile trovare spazi ampi. Queste celebrazioni, del tutto informali, sono diventate una consuetudine simpatica, che si svolge sempre con lo stesso canovaccio, con lo stesso rituale: auguri, un momento conviviale, qualcosa di culturale. L’appuntamento ha avuto un crescente successo forse proprio perché non vuole celebrare altro che l'amicizia tra confinanti, tra persone che condividono il destino che li ha messi nello stesso contenitore territoriale”.
Come ha detto, oggi il mondo è cambiato, non ci sono più i confini: perché si continua, addirittura con un successo crescente?
“Perché è rimasto il significato: amici che parlano la stessa lingua, che condividono lo stesso destino, che appartengono a sistemi diversi, e che si ritrovano ogni anno. È un po’ anche il senso di questo libro. Gli autori sono storici esperti, che studiano gli archivi, e sottolineano questo fatto, anche un po' paradossale della geografia e della storia: ci troviamo spesso in sistemi diversi, ma al di là dei confini e delle linee tracciate in qualche lontana capitale dalla burocrazia diplomatica, in queste Valli, lontane da tutto apparentemente, ci ritroviamo a risolvere i nostri piccoli e grandi problemi quotidiani”.
“In particolare nel testo si sottolinea il paradosso degli anni 70 e 80, quando da un paese capitalista e ricco, con un’economia di mercato, andavamo in un paese socialista, che siamo abituati a immaginare come un paese più povero, a fare shopping, a comprare la carne, perché si pensava che fosse, oltre che a buon prezzo, anche migliore, a far benzina, una cosa che praticamente non c'era o era molto scarsa di qualità, o si andava in vacanza”.
“Soprattutto però nel testo si mettono in risalto la solidarietà e l'amicizia tra componenti di una comunità che appartengono allo stesso territorio e si sentono cittadini del mondo, di uno Stato sovrano, e dell'Europa unita”.

Alessandro Martegani

Foto: MMC RTV SLO
Foto: MMC RTV SLO